NEL RACCONTO DI ORNELLA SOLLAZZO IL TELAIO RIPRENDE IL SUO BATTITO

Illuminata Scinica al Telaio - Galatro

Illuminata Scinica al Telaio – Galatro

Galatro, negli anni passati, ha vissuto una importante stagione nella tradizione dell’arte della tessitura: la lavorazione della seta, a partire dalla coltivazione del baco, nel nostro paese un tempo era un’attività fiorente, anche se oggi si può ben dire che è praticamente scomparsa… e se non fosse per la passione di qualche singola persona, ci troveremmo già nella fase dove anche del solo ricordo come “memoria storica”, non si troverebbe nessuna traccia.
Più di una volta mi sono ritrovato a parlare di questa antica arte con Ornella Sollazzo, scorrendo tante vecchie immagini che riproducono come era fatta la vita della sua famiglia, dove i telai, gli incannatoi, i bachi testimoniano un passato considerevole, in questo ramo di lavoro “artigianale”, che la sua famiglia ha svolto, negli anni passati, con amore, competenza e professionalità.
Come non ricordare che a Galatro, ma non solo a Galatro, fino a pochi anni fa, ogni madre, in occasione delle nozze della propria figlia, alla classica dote aggiungeva il pezzo forte: l’intramontabile elemento di corredo di seta pura lavorato al telaio con antica sapienza, che certamente la società consumistica di oggi ha cancellato ma… quello che ha cancellato l’industria, vive oggi come “arte” e conservazione di quella “memoria storica”, che ha costituito per anni una notevole risorsa della nostra terra, e del nostro paese in particolare, e che purtroppo oggi va visto come un altro “tassello” lasciato perdere nella memoria del tempo, che poteva, oggi più di ieri, costituire un qualcosa in più, ai fini di uno sviluppo reale del nostro territorio, facendo tesoro, più che di un mestiere, di un’arte della lavorazione della seta che è un peccato che sia andata perduta.

Illuminata Scinica al Telaio - Galatro

Illuminata Scinica al Telaio – Galatro

Di questa lavorazione della seta a Galatro, antica e magistrale, che ha visto alternarsi tante persone all’unico telaio della stessa famiglia, oggi ne è la depositaria della tradizione (anche mediante l’esposizione di pregiati capi che testimoniano una competenza e un’arte nella lavorazione al telaio con l’orditura, la tessitura ed il ricamo), Ornella Sollazzo, con la quale ho cercato di ripercorrere, brevemente, un percorso della tradizione della tessitura a Galatro, nei componenti della famiglia Scinica-Ocello.
In questo breve racconto “rivive” tutto un mondo che, almeno nel ricordo, non può andare perduto, perché come ci riferisce Ornella, ancora oggi, nelle stanze della casa della sua famiglia, se si accosta l’orecchio alle pareti, si potrebbe udire il “battito della cascita del telaio”, esattamente così come si sente battere il cuore di un uomo.

Ornella Sollazzo

Ornella Sollazzo

Allora Ornella, iniziamo proprio a raccontare dell’ascolto di questo “battito”…

Ci sono almeno due stanze nel fabbricato che appartiene alla mia famiglia da generazioni, che se si accostasse l’orecchio alle loro pareti, si potrebbe udire ancora il “battito” del telaio, come qualcosa che è ancora in vita… perché proprio come il battito di un cuore la “cascita” veniva battuta con moderata forza, ma soprattutto con ritmo regolare, alla trama, per compattare il tessuto originato dalla stessa e dall’ordito opportunamente e con sapienza predisposto dalla tessitrice di turno che si alternava al lavoro dietro al telaio.

Stai dicendo che, dietro all’unico telaio della tua famiglia, nel tempo, si sono alternate più persone nel lavoro della tessitura…

In ordine di tempo la mia bisnonna, Illuminata Marazzita sposata Ocello, poi la nonna materna Maria Carmela Ocello sposata Scinica e sua sorella Anna Maria Raffaela Ocello, fino ad arrivare al tempo della mia fanciullezza la zia Illuminata Scinica, sorella di mia madre, si sono succedute all’interno dell’antico telaio. Ricordo perfettamente la zia Illuminata che, con l’aiuto della nonna, gestiva un piccolo laboratorio di tessitura: la zia al telaio e la nonna a riempire le “spole” con il “fusuferru” che servivano a trasferire, per mezzo della “navetta” la trama nell’ordito.

Illuminata e Fortunata Scinica

Illuminata e Fortunata Scinica

 

L’orditura era preparata sempre in collaborazione tra la nonna e la zia. La zia Illuminata, impeccabile nel “rito”, stendeva i fili di cotone, perché l’ordito richiedeva questo tipo di fibra, da un lato all’atro del muro, sul quale erano stati posti dei grossi chiodi (chissà da quale tessitrice della storia), lungo quattro/cinque metri, la nonna si occupava di sostituire i “cannola” man mano che si svuotavano del filo che era stato disteso ad arte sul muro.
Una volta portato a termine, l’ordito aveva l’aspetto di un enorme gomitolo che, agli occhi dei bambini, me compresa, aveva un aspetto entusiasmante e giocoso.
La fase successiva era quella di vestire il telaio con l’ordito, la cosiddetta “’mbrijiatura”. A questo punto entrava a far parte del “gioco” una terza persona, mai la stessa. La zia, o chi per lei, chiedeva aiuto ora a questo vicino ora a quell’altro e, ovviamente, il ringraziamento per la disponibilità era un articolo derivato dalla tessitura (uno strofinaccio, un asciugamano, ecc.). La funzione della terza persona era di arrotolare lentamente “u sujju”, in italiano “subbio” (cioè, l’insieme costituito da un cilindro di metallo o di legno e dal filato d’ordito o, anche, l’insieme del tessuto in formazione sul telaio e del cilindro che gli fa da supporto), al quale veniva avvolto il ricavato dell’ordito, mentre le altre due persone, reciprocamente, districavano i nodi dell’ordito con un grosso pettine a denti larghi e avvolgevano l’ordito stesso proveniente dal gomitolone. Il disegno del tessuto dipendeva dall’impostazione data in fase di “mbrijiatura”, avviamento del telaio, cioè l’ordito veniva trasferito sul telaio sgomitolando quel grosso giocoso gomitolone, di cui parlavo prima. La realizzazione di ogni disegno era spiegata, in un vecchio quadernino dalle pagine ingiallite dal tempo, scritto rigorosamente in un “dialetto italianizzato”…

Fortunata Scinica

Fortunata Scinica

Stai raccontando una bella storia tutta galatrese, anche se tante di persone che hai citato, oggi rimane un vago ricordo… certamente il ricordo più vivo e attuale è di “zia Illuminata”, che fino a qualche anno addietro la ricordiamo ancora dietro al telaio…

Sin da quando ero bambina, ricordo che in casa si raccontava di come la zia Illuminata ha iniziato a tessere: aveva circa 6 anni quando, osservando curiosa il meccanismo dell’antico telaio di famiglia, più volte aveva chiesto alla “zia vecchia” (al secolo Ocello Anna Maria Raffaela), di volerla aiutare a ordire perché voleva imparare a tessere. Ma la zia vecchia, ora per questo motivo ora per quest’altro non l’aveva mai accontentata. Così un giorno che la “zia vecchia”, insieme ad altri componenti della famiglia, si allontanò dal paese, la zia Illuminata si mise all’opera, tutta da sola, preparò il telaio e si mise a tessere. Quando le donne di famiglia rientrarono a casa, videro con immensa sorpresa tutto ciò che, in loro assenza, la zia Illuminata aveva fatto.
Iniziò così la sua attività di tessitura, aiutata prima dalla madre (mia nonna), che una volta impostato il telaio con l’ordito si occupava di riempire le spole che, inserite nella “navetta”, immettevano la trama nell’ordito, e poi una volta che la zia aveva realizzato il tessuto, la nonna cuciva insieme i teli per formare il copriletto. Inoltre con un altro telaietto la zia Illuminata creava le “frange” che la nonna applicava ad arte intorno al copriletto.
Dall’età di 6 anni la zia Illuminata, continuò per tutta la sua vita a tessere al telaio, perfezionandosi sempre più fino all’età di 77 anni, quando a causa di un’improvvisa caduta, con conseguente frattura del femore, durante l’orditura, è stata costretta a dismettere definitivamente con il lavoro al telaio che tutt’oggi giace silenzioso, senza più far sentire il suo “battito”, in una stanza, appositamente arredata con gli utensili che hanno contribuito alla realizzazione di manufatti di grande pregio per circa 70 anni.

Fortunata Scinica

Fortunata Scinica

A dire il vero, nella mia memoria emergono delle immagini dove, anche la tua mamma, mi pare che ha svolto un ruolo molto importante nel ricamo e nella tessitura…

Quando la nonna venne a mancare, la figlia Fortunata, mia mamma, prese il suo posto ed oltre a quello di cui si occupava mia nonna essa si impegnò anche a realizzare tovagliati e quant’altro con i tessuti di ginestra, canapa e lino appositamente arricchiti con tramezzi all’uncinetto e ricami, trascurando talvolta la sua principale occupazione che era quella di sarta di alta moda…
Ma questa è un’alta storia! Se vuoi ne parleremo un’altra volta… più in là possiamo continuare a raccontare quest’altra storia…!

 

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