ERA MIO PADRE… UN UOMO BUONO!
Nel trascorrere degli anni, ci vengono innanzi e, soprattutto dentro la coscienza e dentro il cuore, i giorni di ricorrenze che il volgere del tempo non riesce a scalfire, per cui siamo indotti a fermarci, a meditare su quale sia il senso di questa vivida “memoria”. Così accade a me per la ricorrenza di oggi, 25 ottobre, anniversario della morte di mio padre.
Penso che esiste un punto nella vita di ogni uomo in cui si apre una linea estrema, sulle interrogazioni e sui misteri della morte, sulle ragioni stesse dell’esistere, su ciò che si spalanca davanti a noi di definitivo e di grande. E’ questo il momento in cui avvertiamo, con una tenerezza struggente, quello che abbiamo vissuto fino a quel momento.
Quell’attimo di chiarezza estrema e dolorosa, può coincidere con il momento in cui il nostro genitore, cioè proprio chi ci ha dato la vita, se ne va… o, come si usa dire, ci lascia, muore… Proprio in quell’attimo, sembra che, morendo, lui ci ridia un’altra volta la vita, ce la riconsegni, fatta cosciente e consapevole che la morte, appunto, non è più il suo arresto crudele.
Se, poi, proviamo ad esaminare il tempo che è trascorso dal momento della nostra nascita a quello della sua morte e ci mettiamo a meditarlo, vediamo come tutti gli attimi di cui è composto sono vissuti sotto il suo silenzioso e riservato, quanto attento, sguardo… nella fatica e nella gioia di procedere insieme a tutta la sua famiglia, non avendo altra preoccupazione che sostenere il nostro avanzare, operare, camminare…
Per questo penso che nella memoria dei nostri cari risiede il nostro vero diritto ad esistere: il nostro presente presuppone, inevitabilmente, riconoscere ciò che c’è dietro di noi… i nostri affetti più cari che ci portiamo nel cuore e che spesso la morte contribuisce a renderli più vivi e presenti di quando erano in vita, perché formano il centro della nostra memoria.
Certamente la morte di un genitore è una gran brutta batosta… che bisogna vivere con accettazione e non con rassegnazione, rassegnarsi non è da cristiani, sa di passività e di vittimismo… accettare la morte di un genitore all’interno di un più grande, e misterioso, disegno di Dio è il solo modo per dare luce e penetrare il mistero di quel momento.
E poi… quando penso alla morte di mio padre, mi piace immaginarla come un “ritornare a casa”, accolto solennemente e affettuosamente da tutta la sua famiglia… una famiglia davvero allargata che comprende gli antenati mai conosciuti, e dove ogni nuovo arrivato trova il proprio posto, come una tessera che va ad occupare spontaneamente il proprio spazio, in un immenso mosaico disegnato fin dall’inizio dei tempi…
E mi piace pure immaginare come, al suo arrivo, il più vecchio di tutti gli sia andato incontro dicendo: “Salvatore ti accogliamo con gioia perché sei stato un uomo buono: sei stato un buon marito, un buon padre, un nonno buono e affettuoso…”.
Io posso solo dire: “davvero era un uomo buono… era mio padre!”.