UCRAINA… NEL 2016 ANCORA ATTUALE L’INTERVENTO DEL CARDINALE SLIPYI AL SINODO
Oggi ho visto in un video le commoventi e bellissime immagini della processione per la pace, in Ucraina, voluta dalla Chiesa ortodossa e dalla Chiesa greco-cattolica. Nei momenti del pericolo il popolo si affida a Dio e quelle immagini evidenziano come, ai nostri giorni, la “nostra” Chiesa è diventata la “chiesa del silenzio”… Le immagini che provengono dall’Ucraina ci fanno vedere della gente che vive il cristianesimo “sulla propria pelle” e non sa che farsene dei nostri inutili luciferini apparati burocratici, che allontano il popolo dall’essenza del cristianesimo… perché è sempre più lontano dalla vita di ciascuno.
Nel febbraio del 2014 la Chiesa ortodossa è scesa sulle piazze a fianco dei cittadini Ucraini. Le immagini che avevo visto mi hanno riportato all’intervento fatto a Roma, al Sinodo il 23 ottobre del 1971, dal Cardinale Josyf Slipyi, e ho scritto una nota che riporto integralmente di seguito.
Si parla di centinaia di morti e feriti, negli scontri di questi giorni in Ucraina. sui giornali abbiamo avuto modo di leggere: “Non sappiano chi sono questi manifestanti e a cosa porterà questa lotta e quale “giustizia” otterrà. L’unica cosa certa è che l’unione Europea deve parlare di meno”.
Il mio amico, prof. Bruno Demasi, ha così commentato una foto di alcuni preti ortodossi scesi in piazza con la gente, pubblicata sulla mia bacheca facebook: “Preti sottoposti a processi costruiti a tavolino. Privazione di tutte le libertà. E l’Europa degli imbelli sta a guardare e Obama telefona solo alla Merkel. Europa di m…”.
Il giudizio del mio amico Bruno viene da “molto lontano ”…richiama, ancora ai nostri giorni, la grande vicinanza al popolo che stanno dando i preti ortodossi, anzi fa “riesplodere” come una bomba (rendendolo attuale a distanza di più di 40 anni) l’intervento che il Cardinale Josyf Slipyi (padre e capo della Chiesa Cattolica Ucraina, morto in esilio a Roma il 7 settembre 1984) fece “scoppiare” il 23 ottobre 1971 a Roma durante i lavori del Sinodo.
Voglio ricordare l’intervento del cardinale Slipyi, come testimonianza e gratitudine verso quella parte di “vigna del Signore” che veniva definita “la Chiesa del Silenzio”, ma anche se imbavagliata, ahimè, con la complicità e viltà del mondo cosiddetto “libero” (così come accade oggi), non ha mai smesso di lottare per il trionfo della giustizia, pagandone un prezzo altissimo fino a versare fiumi di sangue per la sua fedeltà alla Chiesa Cattolica ed alla Santa Sede.
… Il 23 ottobre 1971, a Roma,nel corso d’una sessione plenaria del 3° Sinodo dei vescovi cattolici in presenza di Paolo VI e di tutti i Padri presenti, scoppiò una bomba d’incalcolabile portata. Dopo tre anni di silenzio, il cardinale Slipyi, che per la sua fedeltà al Papa aveva scontato diciotto anni di prigione e di lavori forzati, prese infine la parola. Nell’aula sinodale si fece improvvisamente un gran silenzio. Il cardinale Slipyi parlò più a lungo del tempo previsto dal regolamento. Fu il solo al quale Mons. Rubin, presidente del Sinodo, non tolse la parola.
Il discorso del cardinale mise in evidenza quel che nessuno, negli ambienti vaticani, aveva osato dire prima di lui: che la «politica» della Santa Sede, rappresentata dal cardinale Willebrands, comprometteva gravemente la Chiesa cattolica romana e pregiudicava ciò che, ufficialmente, essa s’era proposta come obiettivo: l’unione ecumenica. Infatti ha detto in sostanza il cardinale Slipyi, non è tradendo e abbandonando alla loro sorte i fratelli nella fede cattolica di rito orientale che si arriverà a quella «convergenza mirifica» coi cristiani ortodossi, che gli emissari di Mosca fanno balenare davanti agli occhi abbagliati di certi prelati, completamente all’oscuro della situazione reale dei credenti all’interno del blocco sovietico, scaltramente tenuti in tale ignoranza e per nulla desiderosi di uscirne.
«Gli Ucraini cattolici —disse il cardinale, — che han versato fiumi di sangue e ammucchiato migliaia di cadaveri per la loro fedeltà alla fede cattolica e alla Santa Sede, continuano ad essere crudelmente perseguitati e, quel che è più doloroso, nessuno assume le loro difese. Non so se nella storia ci sia stato un altro popolo che abbia sofferto quanto gli Ucraini! Dalla prima guerra mondiale, essi han perduto dieci milioni di compatrioti, sui 55 milioni che rappresentano. E questo non è tutto! Il regime sovietico ha soppresso tutti i nostri vescovi. La nostra fede cattolica è stata interdetta. Per celebrare la santa liturgia e amministrare i sacramenti ci è necessario discendere nelle catacombe. Decine di migliaia di sacerdoti e di fedeli sono stati incarcerati e deportati nei campi della Siberia e delle regioni polari.
«Ora, al presente, in ragione di certi negoziati diplomatici, gli Ucraini cattolici, che contano tanti martiri e confessori, vengono accuratamente lasciati nell’ombra, come testimoni scomodi di mali passati. Nelle lettere recentemente pervenuteci da laggiù, i nostri fedeli si lagnano espressamente: “Perché abbiamo sofferto tanto? Potremo noi trovare giustizia? In nome d’una certa diplomazia ecclesiastica, noi siamo trattati come dei guastafeste! Il cardinale Slipyi non fa nulla per la sua Chiesa!“.
«Ma lui che cosa può fare?… Il Vaticano intercede per i cattolici di rito latino, ma non tiene conto dei sei milioni di Ucraini che soffrono la persecuzione per la loro fede. Quando Pimen, Patriarca di Mosca, dichiarò nulla la nostra unione con Roma, ratificata a Brest nel 1598, nessun rappresentante della delegazione del Vaticano ritenne conveniente protestare…”.
Dopo aver passato in rassegna le sofferenze del suo popolo, il cardinale Slipyi esclamò: «Non è sbalorditivo che i Sovietici denuncino il colonialismo mentre opprimono i loro popoli?».
E, per concludere, aggiunse: «Uno dei cardinali che sta leggendo la storia della nostra Chiesa, ha riconosciuto, in tutta franchezza: “sbalorditivo che questo popolo, che tanto ha sofferto a causa dei cattolici di rito latino, ciò nonostante resti cattolico!“. Ecco, Padre Cardinale, il nostro “esotismo” orientale… ».
«Ma è tempo che la Chiesa del silenzio taccia. Possa la voce possente del Sinodo, sotto la presidenza di Papa Paolo VI, prendere le parti di quelli che soffrono in nome della giustizia e della fede! Possano le preghiere rivolte a Dio per quanti lottano tra la vitae la morte, infonderci la forza di perseverare sino alla fine! Perisca il mondo, purché la giustizia trionfi!».
Nel suo dolore e, diciamolo francamente, nella sua indignazione, il cardinale Slipyi aveva messo il dito su una piaga in suppurazione. Quelli che denunciano il «nazionalismo ucraino », talvolta esagerato, lo concediamo (ma non è questo il caso di tutto un popolo privato della sua libertà nazionale?), fanno nello stesso tempo il gioco (facile e fruttuoso) della politica dell’URSS, che blocca senza pietà ogni tentativo di emancipazione nazionale, sempre proclamando l’ideologia internazionale di Marx e di Lenin.
E’ curioso che, mentre il Vaticano si chiude in un troppo prudente riserbo, cristiani d’altre confessioni non esitino a compromettersi purché, finalmente, la verità risplenda”.