NATALE NEL MISTERO DEL PRESEPIO DIETRO LE SUE FIGURE
Anche questo Natale, sicuramente, passerà alla svelta, nonostante le sensazioni che si provano quando vengono tirati fuori dalle scatole i personaggi del presepe, per vivere alcune settimane di gloria. E ogni anno che passa l’impressione crescente è che tornino per l’ultima volta: l’indifferenza in cui è stata relegata la nascita di Gesù Cristo sembra, sempre di più, una faccenda lontana, lontanissima dalla vita di tutti. Anche di fronte al presepio nei più anziani si rinnova, forse, un attimo di sincera nostalgia, legata al ricordo di facce e luoghi lontani: i genitori, il paese, le persone care che non ci sono più e la familiarità delle antiche messe di mezzanotte. Ma nei più l’immagine di quella grotta non riesce ad evocare, ormai, neppure il sussulto fragilissimo dei buoni propositi, dei buoni sentimenti. In tanti si vergognano pure del presepe allestito in casa e cercano il capro espiatorio per minimizzare: “Sa, i bambini… e poi la nonna che ci tiene”, sottintendendo in quello scaricabarile una forma di arteriosclerosi a sfondo religioso o comunque qualcosa d’antiquato. Che tristezza quell’aria di sufficienza e d’imbarazzo…
Nonostante questo, l’assimilazione “Natale uguale presepe” resiste, ancora, in maniera radicale nella tradizione dei nostri paesi, si perde nel buio dei tempi: in tanti paesi c’è come una sensazione di “respirare un’aria antica” nel vedere tante persone, con un’abilità stupefacente, dare vita ad un mondo fiabesco fatto dalle piccole luci multicolori dei presepi, dalla policromia dei personaggi, dai variegati paesaggi…
Per questo, non possiamo non domandarci quale grande mistero nasconde il presepio dietro le sue figure? Perché i Magi, i Pastori, il Bue, l’Asino, la Mangiatoia?… La prima rappresentazione del mistero del Presepio si trova, per quanto ne sappiamo, su un sarcofago del Museo delle Terme a Roma: nel bassorilievo paleocristiano compare un alberello che indica la capanna; un pastore che medita appoggiato ad un bastone; una rustica greppia di foglie, in cui è posto a giacere il Bambino avvolto nelle fasce; e, chine su di Lui, le teste dell’asino e del bue. Questa semplice scena è la più antica rappresentazione conservata della nascita del Signore: fu scolpita verso il 325 e ci ricorda anche che, in quegli anni, veniva creata pure la solennità liturgica del Natale, festività che sarebbe divenuta, con il passare dei secoli, la festa più amata dai cristiani.
Nella rappresentazione del sarcofago delle Terme non c’è la Madonna, non c’è Giuseppe, non c’è nessuna grotta, così come non vi sono angeli e stelle. Ma vi sono le figure dell’asino e del bue: che mistero si nasconde dietro queste due figure? La costante presenza dei due animali non risponde ai dati del Vangelo, perché gli evangelisti non ne parlano; non risponde alla necessità di dare forma tangibile e poetica al dato della mangiatoia, perché sarebbe stato sufficiente mettere qualsiasi animale, e non necessariamente due; né risponde ai racconti favolosi dei libri apocrifi. La presenza dei due animali nasce da finalità simboliche: corrisponde ad un’interpretazione patristica di due profezie: quella di Isaia (“conosce il bue il suo padrone, e l’asino la greppia del suo possessore”) e quella di Abacuc (“in mezzo a due animali ti manifesterai”).
I Padri hanno capito in senso messianico queste parole e le hanno messe in rapporto con la greppia di Betlemme. I due animali sono lì come simbolo di riconoscimento del Messia: il bue, secondo l’interpretazione Patristica, è il popolo d’Israele, che portò il giogo della Legge; l’asino, animale da soma, è il popolo dei Gentili, carico dei peccati di idolatria. L’asino ed il bue significano, quindi, le due componenti originali della Chiesa: la Chiesa dei Gentili e la Chiesa della Circoncisione. Per questo è da ritenere che l’asino ed il bue non sono, nell’iconografia primitiva del Natale, un semplice aneddoto o un dato folcloristico, bensì sono uno splendido simbolo ecclesiale.
Finalità simboliche riscontriamo anche nelle figure dei Magi e dei Pastori. I Magi dell’Oriente, condotti da una stella ad adorare “il neonato re dei Giudei”, hanno un chiaro simbolismo di chiamata universale alla salvezza. Loro sono la figura della vocazione dei Gentili. I Pastori di Betlemme, ai quali gli angeli annunciano la nascita del Messia Salvatore, sono un simbolo della chiamata dei Giudei. Infatti dice Sant’Agostino: “Dalla stessa culla della sua nascita, si manifestò Cristo a coloro che erano vicini e a coloro che si trovavano lontani: ai Giudei nei vicini pastori, ai Gentili nei Magi lontani”.
Traendo spunto da questa esegesi dei Padri, l’iconografia cristiana forgiò altri simboli ecclesiali: i Magi, provenienti dalla Gentilità, ed i Pastori, provenienti dal popolo d’Israele, acquistarono nell’arte primitiva lo stesso simbolismo dell’Asino e del Bue. Così, intorno alla metà del IV secolo, sorge un nuovo schema natalizio, in cui, oltre al bue e all’asino sono presenti i Pastori ed i Magi: infatti, i Magi ed i Pastori verificavano così, nella realtà della storia, ciò che l’asino ed il bue prefiguravano a livello di profezie. Coi Pastori di Luca ed i Magi di Matteo, con l’asino e il bue di Isaia e Abacuc, gli antichi artisti cristiani hanno quindi creato un’impressionante immagine del presepio, che è simbolo riuscito della Chiesa radunata presso la culla del Signore. E, se hanno separato, lievemente, la Madre dal Figlio (cosa che difficilmente riesce a capire la nostra mentalità), l’hanno fatto per circondare la greppia del neonato con quei simboli profetici che presentano Cristo come Messia, Salvatore della Chiesa universale: quella che viene dai Giudei, ma che viene pure dalla Gentilità. In questa ottica si vede che l’interesse degli antichi per la scena di Betlemme non è sentimentale ed il presepio si presenta come una cifra dogmatica: il Figlio di Dio, messo a giacere nella mangiatoia, diventa così, persino figurativamente, asse e centro della storia salvifica di tutti gli uomini.
Nelle ultime manifestazioni dell’iconografia paleocristiana occidentale, lo schema mutò. Al posto dei due gruppi simmetrici di pastori e magi, furono raffigurati ad ambo i lati della culla, Maria e Giuseppe. L’asino ed il bue conservarono il loro posto e si chinano sul Bambino adagiato nella paglia, non più attratti dal fieno, ma dal pane disceso dal cielo e, da questo momento, anche la mangiatoia sarà elemento essenziale delle rappresentazioni natalizie, in quanto richiama direttamente all’altare e la presenza di questo altare lega l’incarnazione di Cristo con la sua morte sacrificale, evidentemente, in termini di simbolismo eucaristico.
Il presepio rappresenta un grande Mistero: dietro ogni scena c’è la Chiesa con tutti i suoi misteri, capaci di far riaffiorare nell’animo ricordi ancestrali, attese, speranze mai sopite… si avverte che quello che è accaduto più di duemila anni addietro, miracolosamente, continua ancora ad accadere ancora oggi… E la certezza che quel fatto umanissimo accaduto duemila anni fa, non smette mai di riaccadere. E accade anche oggi nell’Anno del Signore 2016: tutto è, oggi, semplice per noi, così come, allora, lo fu per quei poveri pastori della Palestina… una giovane ragazza ha dato alla luce un Bambino. C’è solo da andare e vedere. Tutti quanti… nessuno escluso!