CARO GINO… SONO PASSATI SETTE ANNI
29 Marzo 2017: sono già passati 7 anni dal giorno in cui il caro amico Gino, prof. Luigi Labate, ha chiuso la sua avventura umana.
In questi sette anni, in tante occasioni ho avuto modo di ricordare Gino: dalla manifestazione organizzata dalla famiglia nell’anniversario della morte, con il “1° Concorso di poesia Gino Labate”, presso l’Hotel Miragolfo di Nicotera al momento organizzato dall’Associazione Nicotera Nostra “4 passi con Gino Labate”.
Voglio continuare a ricordare Gino con il mio articolo, in forma epistolare, che ho scritto per l’anniversario della morte… Ciao Gino!
Caro Gino,
dal giorno della manifestazione organizzata dalla tua famiglia nell’anniversario della tua morte, con il “1° Concorso di poesia Gino Labate”, ancora non riesco a dimenticare il tuo volto fermo sullo schermo, come a sorridere compiaciuto su quello che stavi osservando: l’esibizione magistrale dei giovani musicisti; i tuoi figli che si davano da fare perché tutto fosse in ordine; i ragazzi della tua scuola, che tu hai tanto amato, tutti presenti; la presenza del clown che ha dato una nota di allegria, che penso è una delle cose che sicuramente hai tanto gradito; tuo cognato Ciccio Di Bella che si è commosso fino alle lacrime nel tuo ricordo, augurandosi che il grande patrimonio letterario che hai lasciato, ancora inedito, sia portato avanti; il tuo amico Pino Neri che ha trattato della tua produzione letteraria con l’affetto di un amico con il quale si è passata una vita assieme; tuo fratello Carmelo che ha avuto delle parole che solo un fratello può avere, non dimenticando anche gli altri tuoi fratelli che nel giro di poco tempo ti hanno raggiunto; i ragazzi che hanno recitato le loro poesie, con le quali hanno partecipato al concorso; non certamente ultima tua moglie, aiutata da una straordinaria fede che in prima fila non ha perso una battuta di quanto stava accadendo… con lo sguardo, ogni tanto, rivolto verso il “piccolo” Luigi Labate.
Sono sicuro che non hai potuto non pensare: “ma che bella festa che c’è stasera per me…!”. Certamente, una bella festa, che proprio nella ricorrenza di un evento triste può sembrare una contraddizione, ma che mi ha portato a leggere, con non poca emozione, nel tuo volto proiettato nella sala: “Se questo che vedo è vero, allora l’esperienza più tangibile che riaffiora qui questa sera, proprio nel salone del Miragolfo, è che la morte non ha davvero l’ultima parola… e questo che state facendo per me stasera è la celebrazione della mia vita, altro che della mia morte!”
Caro Gino, volevo scriverti quando eri ancora in vita, e non l’ho fatto per pudore… ti avrei voluto dire: “Perché il Signore si è accanito tanto con te? Perché tanta sofferenza…. Tanto dolore? Sei sempre stato una persona buona, il Signore una spiegazione a questo dolore ce la deve proprio dare!”. Ma, allo stesso tempo, non ho messo per iscritto questi pensieri, anche per una forma di un’estrema speranza… quella della richiesta di un miracolo, che il Signore, nei suoi progetti, non ha voluto accogliere! Ricordo come ogni nostro incontro, nel periodo della tua lunga malattia, era per me una testimonianza edificante, come una catechesi quotidiana che tu, ci hai offerto e regalato, e hai fatto questa terribile esperienza del dolore senza che la tua espressione culturale limitasse il suo approdo. Anzi, proprio dalle parole di tuo cognato Ciccio è venuta la testimonianza della bellezza e delicatezza delle espressività che ci hai lasciato negli ultimi mesi della tua malattia… tutto questo dentro la testimonianza di una fede che nasceva e si confermava anche nella contemplazione della bellezza delle tue opere, nel buon gusto, nell’armonia di ciò che scrivevi, nelle buone letture narrative, nella fatica quotidiana del tuo lavoro di studio e insegnamento.
Nella malattia hai portato la tua “croce” con una serenità che è la testimonianza più evidente della visione cristiana della vita… hai raggiunto, proprio attraverso una forte esperienza di patimenti e dolore la tua pienezza umana, la tua massima maturità, quasi a disegnare davvero, in modo visibile, incarnato, il progetto che Dio aveva su di te: quello di farti essere testimone di serenità, di speranza, di grande forza e di resistenza al dolore, anche nella sofferenza e nel commiato.
La morte di un uomo giusto, in una visione di fede, è sempre vista come una festa, per questo voglio provare a immaginare che il momento di festa che abbiamo vissuto sera del 29 marzo al Miragolfo, parta proprio da una tua nascosta richiesta: “Fate una bella festa… perché la morte davvero non ha l’ultima parola e questa è l’essenza dell’esperienza di fede che ha alimentato i miei giorni quando ero in vita!”.
Grazie per quello che ci hai testimoniato con la tua vita, con la tua sofferenza e con la tua morte… grazie per averci costretto a meditare sul senso profondo del mistero della vita, sulle cose ultime, sulla testimonianza di fede e sul tuo incoraggiamento a conservare sempre la mente robusta ed il cuore tenero, che resta un insegnamento tanto prezioso quanto di stimolo a non scoraggiarci di fronte alle difficoltà che la vita, quotidianamente, ci mette davanti.
Ciao Gino…