FABRICE HADJADJ E L’INEVITABILE CERTEZZA: RIFLESSIONE SULLA MODERNITÀ
Ogni giorno continuano a rimbalzare sui media drammatiche cifre, aumentano ancora i decessi in Italia nelle ultime 24 ore a causa del Coronavirus: oggi se ne registrano 401 contro i 386 di ieri, per un totale di 104.642 vittime dall’inizio dell’epidemia solo in Italia, mentre nel mondo sono registrati quasi 2.700.000 morti. Vengono comunicati come “aride cifre”, ma non sono solo numeri: avevano tutti un nome, una età, una famiglia che amavano e li amava, e tante cose ancora da realizzare in questa vita. Ma, purtroppo, sono morti, e stanno continuando a morire tutti “in silenzio”, senza disturbare “nessuno”. La conseguenza di questa drammatica situazione, che sta causando tanta paura e tanti morti, è il crollo di uno sguardo ottimistico sul futuro dell’uomo in generale, perché è l’umanità stessa che si rivela come “fallace”. Oggi, sembra crollare la prospettiva stessa di raggiungere qualunque certezza con la conseguenza che l’esistenza si trova sola dinanzi al pensiero della fine di tutto e della fine dell’uomo in particolare.
Il filosofo francese Fabrice Hadjadj, nel 2011 a Rimini in un auditorium gremito all’inverosimile, ha rilanciato questo tema parlando della “certezza nella modernità”, e anche se ha riconosciuto che nel dibattito odierno, la certezza è vista come un pericolo, non ha avuto esitazione alcuna nell’affermare: “Se anche mi confermassero che nel dicembre 2012 ci sarà veramente la fine del mondo, ciò non mi impedirebbe di avere un figlio in novembre, e di scrivere poesie, e di piantare un albero, perché non faccio queste cose solo per l’avvenire terreno, le faccio perché è già partecipare alla vita eterna”.
Hadjadj ha individuato tre ragioni che oggi portano a rifiutare la parola “certezza”: perché è una parola superata in quanto siamo nel tempo dell’incertezza; perché le certezze ideologiche del XX secolo hanno generato il totalitarismo, distrutto la libertà e i popoli; perché è mortifera in quanto è vista come una “Medusa che gela l’acqua, ci affascina e ci pietrifica”. Scettici e relativisti, secondo Hadjadj, negano che possano esserci certezze, al massimo possono ammettere che ciascuno ha le sue. Ma senza punti fermi non potremmo fare neanche un passo. Per uscire dalle contraddizioni, bisogna capirsi su cosa intendiamo quando parliamo di certezze. “La certezza è solidità, ha spiegato Hadjadj, ma non la solidità della pietrificazione bensì quella del nostro cammino”. Perché è inevitabile questa certezza? Secondo Hadjadj il nostro tempo vive una specifica incertezza che è quella della morte dell’umanesimo. L’umanesimo, rompendo con la tradizione, ha rincorso la moda che, per sua natura, è il culto di ciò che prima o poi sarà antiquato, retrò. Un iPhone dell’ultima generazione è un futuro fossile, una corona del rosario sarà sempre di attualità. Gli stessi elementi positivi della modernità (fede nell’uomo e fiducia nell’avvenire), a detta di Hadjadj, sarebbero il frutto di una riduzione, di una censura, di una voluta dimenticanza dell’origine: sono valori cristiani privati delle loro radici. E come una rosa che, tagliata dal ramo, resta bella e luminosa per qualche tempo ma poi spande per la casa un odore di marcio, così certi valori orizzontali per un po’ stupiscono ma poi mandano cattivo odore.
Il primo valore a crollare è stato la fiducia nel progresso. Kolyma, Auschwitz, Hiroshima ne sono le testimonianze storiche, che hanno fatto dire ad Arthur Koestler, nel 1979: “se mi si chiedesse quale è la data più importante della storia, e della preistoria del genere umano, risponderei senza esitazione il 6 agosto 1945. Dal giorno in cui la prima bomba atomica ha eclissato il sole al di sopra di Hiroshima, è l’umanità globalmente che deve vivere nella prospettiva della sua scomparsa in quanto specie”. La data più importante della storia non è più un avvenimento glorioso ma l’avvenimento di una distruzione, così l’umanità non vive più nella prospettiva del suo progresso ma nella prospettiva della sua propria scomparsa. Questa è l’incertezza post-moderna che ha fatto seguito alla certezza moderna. Tale è questa incertezza che è anche un inevitabile certezza, non solo l’individuo, non solo le civiltà, ma la specie umana tutta intera è mortale”.
Ai nostri giovani è inutile parlare di lavoro, futuro, riuscita sociale. Sentono di non aver più tempo e allora chiedono il successo facile. I tempi lunghi della cultura e della politica non hanno più nessuna garanzia. Un artista poteva pensare al suo successo presso i posteri e un eroe confidare nella gloria postuma, ma oggi ci sono solo le star che durano uno zapping. Davanti a tutto questo è inutile proporre un nuovo umanesimo o un nostalgico ritorno alle tradizioni. In questo clima, ha affermato il filosofo, il demonio propone alla nostra stupidità tre opzioni contrarie fra loro: il tecnicismo, l’ecologismo, il fondamentalismo: sono tre modi di abbandonare l’uomo e la storia e che partono dalla prospettiva della scomparsa dell’uomo stesso. Il superuomo pensa che il tecnicismo ci salverà; l’ecologista sogna di rivivere nei fiori e negli uccelli; il fondamentalista si rifugia in uno spiritualismo disincarnato. Ma resta la contraddizione del dolore, della morte, in una parola dell’oscurità: “Non posso rispondervi chiaramente, ha confessato il filosofo, tuttavia intuisco che questa oscurità che non viene dai nostri difetti ma che è strutturale non è solo privazione di luce ma è anche la possibilità di partecipare all’opera della luce” aggiungendo un terzo aggettivo a quelli già usati per definire la “certezza”. “La certezza è apocalittica, non nel senso oggi comune di catastrofica, ma nel suo significato di ‘rivelazione’. Dopo il crollo delle ideologie e oltre le incertezze della post modernità, ci resta un’immensa ed inevitabile certezza di apocalisse, un’esistenza feconda che manifesta la gloria attraverso la croce, che porta una rivelazione fin nel cuore della catastrofe”.
Nonostante tutto, dobbiamo riconoscere che, nel dramma della nostra vita quotidiana, non siamo soli: “apocalisse” vuol dire che Gesù è fra noi, davvero, e con lui il cammino di ciascuno diventa un’immensa certezza.