18 MAGGIO 2022: XX° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI DON AGOSTINO GIOVINAZZO
Sono passati 20 anni da quel 18 maggio del 2002, quando un lungo rintocco di campane che suonavano a lutto ha annunciato ai galatresi che il Signore aveva chiamato a sé don Agostino, nonostante il suo forte desiderio di ritornare tra la sua gente di Galatro. Stasera alle 18.00 con una Santa Messa di suffragio è stato ricordato nella Chiesa di San Nicola. La celebrazione è stata presieduta dal Vicario Generale della Diocesi, mons. Giuseppe Varrà, con il quale hanno concelebrato mons. Ermenegildo Albanese e don Roberto Meduri, Parroco di Galatro. Con non poca commozione è stato affidato a me, alla fine della messa, un breve ma commosso ricordo del caro don Agostino.
Il primo ricordo è di una Fiat 128 blu parcheggiata davanti la chiesa di san Nicola a Galatro, in una serata dell’ottobre del 1974. In Chiesa erano appena entrati don Gildo Albanese e don Agostino Giovinazzo (Tullio per i suoi amici di infanzia e di seminario). Il primo parrocchiano che andò incontro a don Agostino, senza nemmeno sapere chi era, fu Totò Sorrentino che allora provvedeva da solo a tutte le necessità che c’erano in parrocchia. Don Gildo si avvicina a Totò e dice: “Tullio, qui c’è Totò. Tutto quello che hai bisogno chiedi a lui”. Possiamo ben dire che questa è stata la cerimonia della “presa di possesso” della Parrocchia di san Nicola, da parte di don Agostino. In seguito Totò Sorrentino ha avuto modo di ricordare come la sua prima messa, da parroco, don Agostino l’ha celebrata nel suo “stile”, nella maniera più semplice, senza la presenza di nessuna autorità e senza nessun “festeggiamento”: in maniera sobria quanto essenziale don Agostino si preparò da solo in sacrestia e andò a celebrare la sua prima messa a Galatro (neanche nella magnificenza della nostra bella Chiesa) ma “nell’asilo” (la saletta attaccata alla Chiesa): in quel periodo la Chiesa di san Nicola era chiusa perché pericolante e le celebrazioni venivano fatte nella piccola saletta adiacente o alla chiesetta del Carmine.
Mi ha scritto Totò Sorrentino, in occasione della traslazione della salma di don Agostino da Cittanova a Galatro: “Caro Michele, da quando, a fine agosto, mi hai detto che in ottobre portano a Galatro la salma di don Agostino, mi tornano alla mente tanti ricordi, soprattutto del periodo che è arrivato a Galatro ed io ero ancora un bambino cresciuto sempre nella Chiesa. Erano i primi giorni di ottobre 1974. Ero appena sceso dal campanile dopo aver suonato le campane per la messa, mi trovavo in sacrestia per preparare l’occorrente (facevo tutto io perché allora non c’era nessuno che veniva in Chiesa a servire la Messa), quando ad un certo punto vedo aprire la porta ed entrare don Gildo Albanese in compagnia di un giovanotto, con meno di 30 anni, vestito con giacca e pantaloni neri. Tutt’e due scendono i gradini, vengono verso di me e don Gildo gli dice: “Tullio, qui c’è Totò, chiedi tutto a lui!”. Fui la prima persona che incontrò quando entrò per la prima volta nella Chiesa a Galatro, tanto che questo avvenimento lo raccontò anche al fratello quando si trovava in ospedale, durante la sua malattia, un pomeriggio che andai a fargli visita.
La prima messa da parroco della Chiesa di San Nicola, la celebrò così nella maniera più semplice, senza nessuna autorità o preparazione di festeggiamenti o altro: si preparò in sacrestia e andò a dire messa nella saletta. In quel periodo la chiesa di San Nicola non era agibile, a causa dell’alluvione che ci fu qualche anno prima; infatti, le celebrazioni venivano fatte nella chiesa del Carmine o, addirittura, utilizzando l’asilo annesso alla chiesa di san Nicola. Per Don Tullio, che arrivava da una parrocchia di Polistena, fu un pochino difficoltoso l’inserimento, ma non si perse d’animo, tanto che si sistemò nell’abitazione della vecchia casa della signora Vanda Scozzarra. Ricordo che in Chiesa veniva poca gente e, soprattutto, per le esigenze spicciole non c’era nessuno, ogni tanto portavo la roba che si sporcava in Chiesa per farla lavare da mia mamma, la quale non si è mai tirata indietro, anche se ogni tanto mi diceva: “Totò, ho tanti figli a cui badare, anche la roba della Chiesa mi porti!”. Poi, rapidamente, don Agostino si mise a lavorare come pastore e creò un numeroso gruppo di ragazzi, giovani che animavano bene le celebrazioni, ma soprattutto fece provvedere alla sistemazione della cara Chiesa che aveva subito molti danni; infatti, dopo circa tre anni dal suo arrivo iniziarono i lavori per la sistemazione… tutte piccole cose che fecero molto per la comunità di San Nicola, infatti fu sempre più numeroso il numero di persone che si rendeva disponibile alle esigenze della Chiesa. Ricordo soprattutto, nel periodo iniziale della venuta di don Agostino, la signorina Adelina Corso, che con le ragazze che lavoravano da lei ha iniziato a occuparsi della Chiesa e delle necessità che c’erano… dalle pulizie a varie organizzazioni pastorali. Ricordo che, oltre alla vita spirituale Don Agostino non ci fece mai mancare a noi ragazzi le bellissime gite tra cui Taormina e Catania, o sulla Sila in inverno, dove andavamo a vedere la neve… Quanti bellissimi pomeriggi caldi d’estate abbiamo trascorso al mare a san Ferdinando alla foce del Mesima, sempre con la sua Fiat 128 blu stracarica di bambini.Potrei raccontare altri ricordi del periodo che don Agostino è stato parroco di San Nicola, ma non riesco ad andare oltre… dico solo grazie a don Agostino per il tempo che il Signore gli ha concesso di stare con noi a Galatro. Ciao, mi dispiace non poter essere presente a Galatro per la venuta della salma. Totò Sorrentino”.
Con il passare del tempo iniziarono i lavori di sistemazione della Chiesa, aumentava il numero dei fedeli disponibili a lavorare per la Chiesa e… la Fiat 128 blu era sempre più piena di bambini che don Agostino portava al mare, in montagna o, semplicemente a mangiare una pizza o un gelato. Sono stati anni straordinari, di intenso lavoro pastorale portato avanti con impegno, serietà sacrifici e fede.
Don Agostino Giovinazzo, originario di Cittanova, è stato ordinato sacerdote l’8 dicembre del 1971 da Mons. Vincenzo De Chiara, vescovo di Mileto, ed è stato mandato a Galatro nell’ottobre del 1974, a sostituire il compianto don Rocco Distilo. Uomo di profonda cultura, oltre che Parroco di Galatro, è stato docente all’Istituto Superiore di Teologia di Palmi, nonché collaboratore della Cancelleria Vescovile della Diocesi di Oppido-Palmi, dove si è fatto apprezzare per le sue grandi doti intellettuali ed umane.
In uno dei suoi tanti ricordi su don Agostino, ha raccontato don Gildo Albanese: “Gli telefonai una sera dicendogli: “Il vescovo ti chiama come docente di S. Scrittura all’Istituto”. Ho scoperto la sua profonda umiltà e spirito di ubbidienza. “Proprio me? … ma se il vescovo mi chiama, io ubbidisco subito”. Quando il Vescovo me lo propone come collaboratore in Cancelleria, gli telefono e ancora una volta mi sorprende per la sua docile ubbidienza e per l’umiltà: “Io non so fare niente, ma al vescovo debbo ubbidire e imparerò”. Ma la sua semplicità si è manifestata un giorno quando il vescovo, che è solito mettere nella sala d’attesa del suo studio un vassoio di caramelle, mette le caramelle che piacevano a don Agostino. Mi dice: “Sai il vescovo mi vuole bene, mi disse che ha fatto comprare le caramelle che mi piacciono”.
Forse oggi, in tanti, soprattutto ragazzi, non sanno neanche che cos’è un ciclostile, ma quanti ricordi su don Agostino mi riportano alla memoria questo strumento ormai dimenticato: le matrici scritte in fretta a casa sua, talvolta senza nessun appunto al quale fare riferimento… la stampa ancora più in fretta, il più delle volte il documento veniva stampato durante la messa delle 11, per essere pronto al volantinaggio all’uscita della messa. L’odore dell’inchiostro era nell’aria e la stampa appena fatta lasciava, spesso, le mani sporche d’inchiostro, mentre nel nostro intimo, in un ambiente che non sempre ci è stato “amico”, abbiamo spesso provato la sensazione di avere combattuto quella che Paolo di Tarso chiamava la “buona battaglia”. E qui, veramente, è il caso di dire… “formidabili quegli anni” e suonano vere le parole di don Gildo che commentando alcune foto di quel periodo ha scritto come queste immagini “ci riportano, ad anni straordinari di intenso lavoro pastorale che con impegno e serenità portavamo avanti insieme, pur con le differenze di vedute e di opinioni ma sempre nella carità, per l’evangelizzazione della nostra cara Galatro…”.
E, come commento ad una foto che mi ritrae con Carmelino Di Matteo dietro la macchina da scrivere, intenti a scrivere un volantino, don Gildo aggiunge: “Bellissima questa foto. E’ preziosa, custodiscila! Mi ricorda anche il lavoro di comunione che si faceva insieme tra le due Parrocchie (cosa non facile per Galatro a quei tempi). Quanti ricordi e quanto lavoro in quegli anni per evangelizzare e quante umiliazioni a volte sulla piazza quando tra ‘i benpensanti di Galatro’ si aveva il coraggio di testimoniare il proprio amore al Vangelo e alla Chiesa”.
E, a questo punto, come faccio a non ricordare la data del 4 gennaio del 1975: il caro don Agostino era arrivato a Galatro da pochi mesi, quando venne pubblicato, a cura della Parrocchia San Nicola, il primo numero de “Il Gruppo”: un importante strumento di comunicazione che ha dato voce alla nostra comunità per oltre 5 anni. Nella presentazione del primo numero si leggeva: “il giornale è frutto di un lavoro collettivo di giovani che frequentano il Centro Giovanile ed è un mezzo per far maturare i giovani a prendere un ruolo di primaria importanza nella comunità parrocchiale, vista nel suo insieme religioso e sociale. Il fine che ci proponiamo non è fare della sterile cultura o sfoggio di nozioni acquisite in modo vario; esso vuole essere uno stimolo a che tutti i giovani si sentano responsabili del ruolo che occupano nella società”. Il giornale veniva redatto, periodicamente, in occasione del Natale, in prossimità della Pasqua e delle feste Patronali e veniva stampato nello studio della casa di don Agostino dove, per l’occasione la stanza veniva trasformata in una piccola tipografia, anzi un piccolo laboratorio, dove ognuno era intento a fare qualcosa: chi a scrivere le matrici, chi a far funzionare il ciclostile, chi ad impostare gli articoli, chi a disegnare la copertina… a pensarci bene, la realizzazione di ogni numero, al di la di tutto, era veramente un grande momento di festa…! “Il Gruppo” è andato avanti per 19 numeri in 5 anni: dal gennaio del 1975 alla Pasqua del 1981 e… su tante cose varrebbe la pena soffermarsi per ricordare… ad esempio le copertine del giornale, perché ogni copertina era un’opera d’arte, realizzata dal nostro artista Aldo Cordiano, allora giovane studente con la passione per il disegno. Ma la vera novità di tutto questo lavoro è stata quella di far parlare la Chiesa locale, anche attraverso la penna dei “piccoli” redattori locali che hanno dato tutti il loro contributo alla nascita e continuità del giornale, al punto da poter affermare che ogni uscita era attesa con impazienza dai lettori…
E’ nella semplicità delle piccole cose che si vede la grandezza di un uomo… e don Agostino, in silenzio, è stato sempre vicino a tante persone. Durante la sua malattia è stato scritto che il vero don Agostino lo abbiamo conosciuto nel corso della malattia, ma don Agostino ha saputo veramente amare tutti sempre, non solo nella malattia. Ricordo quando per il funerale di due anziane signore, umili e povere, ci siamo accorti che ha acceso tutte le luci della Chiesa. E’ stato un suo modo di esaltare veramente gli “ultimi” in quell’abbraccio nel quale tutte le differenze cadono davanti al nostro Dio. E non posso mai dimenticare quante volte mi ha raccontato, con le lacrime agli occhi, di due giovani che una sera si sono presentati da soli, con due testimoni, alla Chiesa del Carmine per essere uniti in matrimonio. Anche in questo caso mi ha detto che niente lo aveva colpito come quella semplice cerimonia: “Il matrimonio più semplice e più bello che ho avuto la fortuna di celebrare” mi ha sempre detto. E quando ho pubblicato in un mio articolo questo episodio, la sposa, che poi è una mia amica, mi ha scritto che ha subito capito che mi riferivo a lei: “Come potevo non capirlo. Quel giorno io piangevo e don Agostino mi disse che se continuavo a piangere non ci sposava. Poi, dopo averci sposato mi disse “adesso puoi piangere, ma di gioia e si mise a piangere anche lui e ci abbracciò forte”.
Questo era don Agostino, anche se nel pieno della sua adolescenza un avvenimento tristissimo lo segnò per tutta la vita, la morte della sua mamma. Un evento che forse lo fece chiudere in se stesso, facendolo apparire come uomo di poche relazioni umane, ma non era così nel suo cuore; ciò che non appariva lo serbava nel suo cuore. Sarebbe bello avere la possibilità di poter raccogliere i ricordi che tanti nostri parrocchiani conservano, nella profondità dei loro cuori, e tessere un mosaico che delinei i contorni più significativi della figura di don Agostino attraverso tanti, tantissimi, ricordi dai quali, ancora oggi, si può a trarre motivo di attonita commozione: per la sua intelligenza fortemente intuitiva, per il suo animo di una mitezza e di una semplicità e riservatezza sorprendenti e, soprattutto, per il suo grande cuore… un cuore candido, perfino ingenuo come quello di un bambino, un cuore generoso… il cuore di un autentico pastore.
Non si può non ricordare don Agostino, senza riportare le parole che dal Calvario della sua malattia ha rivolto ai parrocchiani e al Sindaco, che testimoniano una grande sensibilità e una riconoscenza particolare verso il Vescovo della Diocesi, Mons. Luciano Bux. Ma prima ritengo importante riportare come, nel giorno del suo venticinquesimo anniversario di sacerdozio, durante la cerimonia in suo onore, aveva espresso, con semplicità ed umiltà, il profondo attaccamento al popolo di Galatro che gli era stato affidato che oggi quelle parole, unite alle due lettere inviate durante la sua malattia, rappresentano il suo testamento spirituale: “Un pensiero a Mons. De Chiara che mi ha elevato alla dignità sacerdotale… una cara persona che per me ha avuto atteggiamenti paterni… la domanda più ricorrente di questi giorni è: sono stato all’altezza del compito affidatomi? Ho fatto quanto era in mio dovere fare? Potevo fare meglio e invece non l’ho fatto? Spero che i miei superiori ed il popolo di Galatro, dove ho vissuto la maggior parte dei miei anni, siano benevoli nel giudizio… Ognuno di noi avrà motivo, dentro di sé, per dire grazie a Dio ed io ho un motivo in più per dire grazie anche a voi tutti che questa sera mi onorate in tal modo: Vi dico di tutto cuore grazie e vi chiedo perdono dei miei errori. Pregate il Signore per me”.
Al popolo di Galatro ha scritto: “Carissimi amici ed amiche, Dopo 28 anni purtroppo non sono con voi a celebrare le gioie della Pasqua. Se il corpo però mi tiene lontano, i miei occhi vi vedono tutti indistintamente. Vedo il coro delle ragazze che tremano ansiose per l’esito dei canti, vedo il gruppo dei Lettori guidati da Suor Tommasina, vedo in prima fila le persone che vogliono seguire con maggiore attenzione la funzione liturgica, vedo la Cappella del SS.mo artisticamente addobbata dalla nostra Maestra fioriera, vedo anche i giovani in fondo alla Chiesa che parlano e scherzano con il braciere: siete tutti davanti a me, non mi sfugge nessuno dagli occhi, vi vedo uno a uno: siete la famiglia di Dio, e se permettete anche la mia famiglia, riunita per la festa e, come in ogni casa, ci sono i figlioli più buoni e quelli più discoli. Celebrate con gioia la festa di Pasqua: è il giorno trionfale della liberazione. Gesù è venuto per salvarci e perciò dobbiamo essere felici. Avere un amico così grande e generoso rallegra gli animi e conforta nelle pene. Per rendere più splendida e entusiasta la celebrazione accendete tutte le luci possibili e immaginabili: sarà per me un grande conforto vedervi gioire. Ringrazio di tutto cuore e con tutto l’affetto possibile il buon don Cosimo che egregiamente mi ha sostituito: la fraternità sacerdotale si dimostra nelle necessità e nel bisogno e lui è stato così bravo che non ha esitato a prendersi cura delle vostre anime nel momento più importante nella vita di una Parrocchia. Spero solo che non lo abbiate assillato: aspettate me, per assillarmi. Dio sa cosa fa e perché lo fa: noi dobbiamo solo ubbidire ed adorare; è quello che con tutte le forze morali a mia disposizione ho compiuto in questi mesi di obbligato ritiro: la mia Fede in Dio non è venuta mai meno, grazie a Lui. E così sia anche per voi sempre, per tutti gli anni di vita che il Signore vorrà donarci. Mi ha dato una Croce pesantissima, ma col vostro sostegno e conforto l’ho portata e spero di portarla ancora, se è necessario per completare con la nostra carne quello che manca alla Passione di Gesù. Questa Croce mi ha cambiato dentro e fuori. Cercherò di farvi tesoro delle cose nuove che ho appreso in questi mesi e raccontarvi come ho vissuto questi orribili giorni”.
Mentre nella lettera al Sindaco di Galatro ha scritto: “Egregio Signor Sindaco Giovanni Papa, La ringrazio vivamente per aver presenziato il Giovedì Santo le funzioni parrocchiali insieme alla comunità ed al Vescovo. Estenda i più vivi complimenti a tutto il Consiglio Comunale ed alla Giunta, nonché al Corpo dei Vigili Urbani per essere stati presenti ad una giornata che per la storia di Galatro deve essere annoverata tra le più belle e importanti: mai, a memoria di uomo, si è visto un Vescovo che in uno dei giorni più solenni della liturgia cattolica abbia lasciato la Diocesi per recarsi in una parrocchia a sostituire il parroco malato. Avrebbe potuto benissimo mandare un semplice sostituto; invece con un gesto di nobiltà d’animo verso di me e verso Galatro è stato lui stesso a celebrare la liturgia del Giovedì Santo. E Galatro ne deve essere orgogliosa, ricordandolo con gratitudine.”
Ma sopra la firma della lettera mandata per il Giovedì Santo, don Agostino lascia una testimonianza viva di una eccezionale esperienza umana, religiosa, educativa. In quelle poche righe si percepisce lo sguardo del vero pastore che, mentre guarda la sua gente, si illumina di tenerezza… e offre le sue sofferenze pregando Dio che ci dia la fede per capire il sottile tratto del suo misterioso disegno sulla nostra vita: “Quando tornerò, vi ringrazierò uno per uno con tutto l’affetto possibile che non potrà mai essere uguale al sostegno fisico e morale che mi avete dato. Se torno guarito, la maggior parte del merito l’avete voi che mi avete sostenuto prima con le vostre preghiere e poi con affetto e stima: sono stati una meravigliosa sorpresa, non sapevo di avere tanti amici così sinceri e vi chiedo perciò scusa se non me ne sono accorto prima. Saluti di cuore, don Agostino”.
Il ritorno definitivo di don Agostino a Galatro è avvenuto nel tardo pomeriggio di mercoledì 1 ottobre 2014, dove riposa nella cappella del cimitero di Galatro. Così come in quel 18 maggio del 2002, un lungo rintocco di campane che suonavano a lutto ha annunciato ai galatresi che il Signore aveva chiamato a sé don Agostino, nonostante il suo forte desiderio di ritornare tra la sua gente di Galatro, mercoledì 1 ottobre 2014 dei lunghi rintocchi di campane a festa hanno salutato l’arrivo della salma di don Agostino che, dopo più di 12 anni, ritornava a Galatro per essere collocata, in maniera definitiva, nel locale cimitero. La sepoltura di don Agostino nel Cimitero di Galatro è avvenuta, posso ben dire con 12 anni di ritardo, perché don Agostino “doveva” essere sepolto, già al momento delle morte a Galatro, perché dopo 28 anni di apostolato fra la gente di Galatro, i galatresi erano la sua famiglia, così come lui stesso ha affermato in una delle lettere inviate dall’Ospedale a Verona: “…siete la famiglia di Dio, e se permettete anche la mia famiglia”.
E’ stato don Giuseppe Calimera che ha fatto di tutto per riportare la salma di don Agostino a Galatro, e anche la famiglia Giovinazzo ha accettato di buon grado questa proposta che, attraverso le parole di Giuliano Giovinazzo, fratello di don Agostino, non ha esitato a dire che “quando don Agostino è morto abbiamo sbagliato a seppellirlo a Cittanova, riconosciamo che presi dall’emozione del momento abbiamo sbagliato a non acconsentire che fosse seppellito a Galatro ma oggi stiamo riparando l’errore commesso nel 2002”.
La cerimonia del ritorno della salma di don Agostino a Galatro, è avvenuta proprio come l’avrebbe desiderata lui: in maniera molto sobria e seria, dove tutto è stato compreso dentro una essenzialità di fede che non ha lasciato spazio a nessun altro pensiero, se non la preghiera e il ricordo del caro sacerdote che ci ha visto crescere. La salma di don Agostino, arrivata da Cittanova alla villa comunale di Galatro, è stata accompagnata, in religioso silenzio, nella Chiesa di San Nicola dove il Vicario Generale Mons. Giuseppe Acquaro, insieme a don Giuseppe Calimera e ad altri sacerdoti amici di don Agostino, ha concelebrato la messa che è stata un canto di lode elevato al Signore in ringraziamento per don Agostino. Durante la funzione religiosa, dagli interventi diretti e realistici sull’avventura umana di don Agostino, don Calimera, Mons. Acquaro, don Varrà e il Sindaco di Galatro Carmelo Panetta, hanno stimolato il riaffiorare dei ricordi di chi ha avuto la fortuna di conoscere don Agostino, soprattutto da parte di chi, nei 28 anni che don Agostino è stato alla guida della Parrocchia di Galatro, ha con lui condiviso gioie e dolori, impegni e speranze, successi e delusioni, progetti e rinunce, fino a quando il Signore, ha stabilito diversamente da ogni nostro umano progetto e lo ha chiamato a sé.
Don Agostino era un uomo di fede, capace di dialogare con tutti, e questo si è reso più evidente soprattutto durante i giorni della sua malattia… forse il Signore, nel suo misterioso disegno salvifico su ognuno di noi, per don Agostino aveva stabilito, proprio nella malattia e lontananza dalla sua gente, il tempo del raccolto di quanto in 28 anni aveva seminato nella comunità cristiana di Galatro.