ANCHE DOPO LA SORTITA DI RENZI… CONTINUO A DIFENDERE IL MANZONI
“I promessi sposi andrebbero aboliti per legge”… così titola un giornale riportando le parole di Matteo Renzi, durante il suo intervento all’Università LUISS Guido Carli di Roma: “La penso come Umberto Eco: i Promessi Sposi a scuola andrebbero proibiti per legge. Perché obbligarli li ha resi odiosi, e invece così tornerebbe il fascino per un capolavoro assoluto”.
Renzi ha poi cercato di spiegare meglio il suo pensiero, citando un personaggio dell’opera di Manzoni: “Nella parte dell’Azzeccagarbugli si descrive perfettamente come le leggi sono fatte in modo tale che per ciascuno si apre la strada della complicazione”.
Penso che come ben ho letto su un altro giornale meglio sarebbe a non fare certe boutade, tanto più se si è presidente del consiglio. Il problema vero è che chi insegna non sa più perché proporre “I promessi sposi”, o la “Divina Commedia” (altro bersaglio che ogni tanto entra nel mirino di qualche abrogatore), o altro di ciò che per secoli si è studiato, chissà perché.
Agli inizi del 2001 avevo letto che tanti Istituti superiori, soprattutto in Sicilia, hanno sostituito “I Promessi Sposi” del Manzoni con “il Birraio di Preston” di Andrea Camilleri. La cosa mi ha sorpreso molto e sulla mia rubrica “Osservatorio” che tenevo su proposte, mi sono addentrato in una “difesa d’ufficio” del Manzoni, che oggi mi piace riprendere perché, dalla lettura delle parole di Renzi, esplode in tutta la sua attualità e… drammaticità.
(Michele Scozzarra)
NON SOLO PER DIFENDERE IL MANZONI…
In questi ultimi mesi si sta discutendo, e tanto, sui libri di testo da adottare nelle scuole e, come sempre accade quando c’è di mezzo quella che, in una forma ormai consueta, viene definita “libertà di educazione”, si spazia sempre tra le notizie finte, quelle faziosi e quelle folli.
La libertà d’insegnamento e la libertà della scelta degli autori dei testi scolastici è un bene prezioso da salvaguardare e lo stesso Presidente del Consiglio, Giuliano Amato, nei mesi scorsi, ha chiarito che “questa libertà non si impone per decreto, ma si esercita con il confronto delle idee… Arte e scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”. Ma… siamo sicuri che è proprio così e in campo non ci siano altri interessi o progetti?
Non mi va di fare qui una “rassegna stampa” del dibattito che si è acceso a riguardo, ma una piccola “riflessione” mi permetto di farla… e mi auguro senza scandalizzare nessuno per le cose che andrò a riportare, tanto l’argomento è “libro di testo” per ragazzi del secondo anno delle scuole superiori.
Ho letto, poco tempo addietro, che tanti Istituti superiori, soprattutto in Sicilia, hanno sostituito “I Promessi Sposi” del Manzoni con “il Birraio di Preston” di Andrea Camilleri. E qui qualcuno potrebbe dire: “…e allora?”.
Premetto che ho letto quasi tutti i libri di Camilleri e la lettura (quale più quale meno) mi ha piacevolmente affascinato…
Certo ho letto Camilleri dopo aver studiato Dante, Ariosto, Boccaccio, Manzoni, Pirandello, Verga, Pascoli, tanto per citare qualcuno di quelli che si studiavano al Liceo… e credo che, senza la lettura e lo studio di questi Autori, forse anche Camilleri mi sarebbe interessato poco.
Ho letto “Il Birraio di Preston” in età adulta (e non ritengo sia il meglio di Camilleri) e il pensiero che questo libro vada in mano a dei ragazzi di 15-16 anni come testo scolastico e, soprattutto, che venga indicato come essenziale alla formazione, mi lascia perplesso. Prima di tutto per la confusione che riesce a generare in un adulto…. figuriamoci in un adolescente.
Finito di leggere il libro, con molta difficoltà di “orientamento”, ci si imbatte in una “nota” dell’Autore: “Arrivati a quest’ora di notte, vale a dire all’indice, i superstiti lettori si saranno certamente resi conto che la successione dei capitoli disposta dall’autore, non era che una semplice proposta: ogni lettore infatti, se lo vuole, può stabilire una sua personale sequenza”.
Anche se non ritengo che questo metodo sia corretto ed idoneo alla formazione degli studenti delle medie superiori, voglio andare oltre e mi piace immaginare la faccia di quella madre che sarà chiamata in aiuto dalla figlia per elaborare il “riassunto” (ai miei tempi si facevano!) del capitolo del Birraio di Preston, dove è riportato quanto di seguito:
“…Una volta arrivata, Concetta andò di corsa a taliare dal finestrone della cammara da letto e subito ebbe chiaro il piano ardimentoso di Gaspàno… Tornò dentro per prepararsi da mangiare, ma non ce la fece, al posto della bocca dello stomaco ci stava una pietra ferrigna. Per tutto il dopopranzo non seppe che fare, tambasiò facendo cose di nisciuna importanza, attacco un bottone a una cammisa, aggiustò il miccio di una lampa. Ogni cosa che fece, la sbagliò: proprio non ci stava con la testa. Andò a curcarsi che ancora c’era luce, ma non poté pigliare sonno. Tutt’insèmmula, mentre meno se l’aspettava, da un posto preciso del suo corpo principiò a nascere una tromba marina. Prima furono piccole increspature dell’acqua generate da un vento caldo, chiù dello scirocco, poi le ventate si fecero più forti, pigliarono a vorticare come un trapano. E la punta di quel trapano se ne stava sempre incollata allo stesso loco e girava girava mentre la parte alta della tromba s’allargava, invadeva tutto il corpo di Concetta che se ne stava sul letto a braccia e gambe larghe, lo squassava. Una volta la bonarma le aveva contato che la tromba marina si poteva tagliare e farla ammosciare come un pallone bucato. Bastava avere il coraggio di avvicinarsi con un caicco a dove la tromba faceva base, trapassarla con un remo e dire alcune parole mammalucchigne che però la bonarma non le aveva rivelate. Allora il caicco che era la sua mano destra coraggiosamente pigliò mare e principiò a dirigersi verso sud, accostò alla fossetta nel mezzo della panza, la costeggiò torno torno, seguitò a calare seguendo una rotta precisa, arrivò nel centro del golfo che facevano le sue gambe aperte e gettò l’ancora sul punto preciso da cui la tromba marina si partiva. Dal caicco che ballava scosso dal mare agitato, isò un remo, l’indice, lo diresse fino a toccare con cautela il piccolo loco che dava nascita a tutto quello sconquasso e, individuatolo bene, pigliò a batterlo col remo, sempre più forte. Non sapeva le parole mammalucchigne, alle labbra gliene vennero altre e forse più appropriate: ‘Ah Gaspàno, ha Gaspàno, ha Gaspàno mio…’.
E a un tratto la tromba marina s’afflosciò, ricadde nel golfo diventata spuma densa, impiccicaticcia.”
Certamente nel leggere di queste cose non so se quella povera madre maledirà l’Autore del Birraio, o gli insegnanti che hanno scelto il libro di testo, riponendo in soffitta la povera Lucia.
Sicuramente un piccolo pensiero lo rivolgerà a chi ha sempre considerato il problema educativo come un corpo estraneo alla scuola… “retaggio di medievali buoni sentimenti… inadeguati alla vera funzione della scuola moderna… (!)”. E, anche se forse non è mai andata a scuola, una piccola riflessione sarà indirizzata anche ai “Promessi Sposi” e, anche se da tanti “illuminati” vengono sempre più definiti “personaggi finti”, non potrà, ed a ragione, non riandare col pensiero a tante belle pagine, “rappresentazione di una condizione determinata della società, per mezzo di fatti e caratteri così simili al vero… dove protagonisti sono gli umili, coscienti della loro piccolezza, i quali si rendono conto di non poter fidare sulle proprie forze e imparano a fidare in quel Dio che non turba la loro gioia, fino a consegnare nelle sue mani se stessi e ciò che hanno di più caro”.
E, di fronte al ricordo di tanti buoni sentimenti, non potrà non pensare: “… Ma non capite che quella dell’educazione è una sfida importante, forse decisiva…”.
Per favore, fate ritornare don Lisander, la Cultura ve ne sarà grata…”.