GALATRO UN PAESE DOVE STORIA E NATURA ANCORA OGGI AFFASCINANO

Per molti versi Galatro è un paese ancora da scoprire: anche se proiettato in una prospettiva “termale”, non è ancora contaminato da quelle espressioni che, fatalmente, compongono il turismo di massa. Le Terme “Sant’Elia” costituiscono un vero e proprio punto di riferimento balneare tra i più belli e affascinanti della Calabria: sono situate in un angolo di terra che, per certi aspetti, ha del fantastico, tanto i suoi richiami naturali incantano per suggestività ed imponenza. Lo testimoniano i ruscelli freschi e limpidi, le cascate che circondano lo Stabilimento termale ed i boschi che fanno da cornice in una grande oasi di silenzio.

Furono i monaci dell’Ordine di San Basilio che iniziarono lo sfruttamento delle acque termali di Galatro già nell’VIII secolo, indicandone le virtù per le guarigioni ottenute. Questi vivevano nel Monastero di Sant’Elia (di cui ancora oggi esistono i ruderi), dal quale proviene l’attuale denominazione delle Terme. Il Convento di Galatro, anche se adesso è ridotto ad un ammasso di umili resti di un glorioso passato, nonostante lo stato di abbandono, è sempre una sacra pietra vivente che attesta, al di là della barbarie dei tempi e degli uomini, l’irreprensibile volontà dei religiosi che ci abitavano, di vivere pienamente il loro destino, secondo la visione del mondo elaborata dalla loro fede. Don Rocco Distilo in un suo articolo, Galatro al mio sguardo, proprio a voler sottolineare la sacralità e l’insegnamento che viene testimoniato, ancora oggi, dai ruderi del Convento, ebbe a scrivere:

“… Alle mie spalle il Sant’Elia, il monte dove un giorno un Monastero di frati basiliani, era cenacolo d’amore e di studio. Mi portò lassù, quasi pellegrino orante e meditante i fasti antichi d’una storia che, alla bellezza della natura, conserva su Galatro e la Calabria tutta una corona di gloria: un passato di fede, di scienza e di arte. Di colle in colle, di balza in balza pare mi venga incontro il Santo Speleota, che qui, forse è sepolto. Ogni pietra, ogni rudere è altare e cattedra. E sento tra le fronde che una leggera brezza mattutina muove appena, un salmodiare dolce. Una soffusa serenità di pace è soltanto turbata dal tormento di sapere e di conoscere. Vorresti quasi scavare con le unghie in questa terra benedetta, vorresti s’aprisse come un libro per leggere e vedere, ma il buio dei tempi e l’oblio …”.

L’attività culturale dei monaci di Galatro è stata notevole: infatti, fu in quel Convento che Bernardo da Seminara, nella prima metà del XIV secolo, fu ordinato sacerdote con il nome di Barlaam, divenendo ben presto la figura più eminente della tradizione greca dopo l’estromissione di Bisanzio dall’Italia meridionale: egli, infatti, teologo e filosofo, è il pensatore che ha messo al servizio della Chiesa orientale le conquiste speculative dell’occidente. Con stima parlarono di lui il Petrarca, che lo ebbe come maestro di greco, ed il Boccaccio. Ai padri basiliani succedettero i Cappuccini, che edificarono un Convento denominato “Monastero di Santa Maria della Sanità”, che usarono come ospizio ed infermeria, continuando a fare uso delle acque minerali che i Basiliani in precedenza avevano scoperto e continuarono ad indicarne le proprietà curative ed a diffondere l’uso sino al 1783, quando, a causa del grande terremoto, crollato il Convento i monaci dovettero andare via.

Successivamente fu l’allora Sindaco di Galatro, Alfonso De Felice, che all’inizio del 1800, fece analizzare le acque termali, e si prodigò per ripristinare l’uso delle acque sulfuree e nel 1891 il Sindaco del tempo, Avv. Giovan Battista Buda, dette inizio (con mezzi propri e con l’intenzione che l’opera sarebbe rimasta al Comune di Galatro), alla costruzione di uno Stabilimento termale che fu terminato ed aperto al pubblico nel 1892, infatti, già all’inizio del Novecento le Terme di Galatro erano molto famose. Il Prof. Diego Corso, di Nicotera, come prefazione ad un suo scritto sulle Terme, nel 1912, annotava: “L’aria ossigenata dei boschi circostanti, la vaghezza del paesaggio che arieggia ad una Svizzera calabrese, sollevano e vivificano lo spirito e trasportano l’animo in dolci e sereni pensieri”. Dal 2001 le Terme sono state gestite da una società privata, fino al 18 maggio del 2017 quando si è avuto il ritorno della struttura termale al Comune di Galatro. Ha scritto Umberto Di Stilo sulla Gazzetta del Sud: “Il ritorno delle Terme al Comune è un evento importante per tutti i galatresi che, sin dagli anni Ottanta, epoca in cui con grande lungimiranza il sindaco Bruno Marazzita decise di acquistare dai proprietari privati il vecchio Stabilimento termale”.

Scrivendo di Galatro non si può non evidenziare il rapporto che, nel corso dei secoli, l’arte ha avuto con la Chiesa di Galatro: una realtà affascinante e misteriosa che è maturata e cresciuta nel tempo e che, ancora oggi, l’attenzione verso queste grandi opere contribuisce a rendere grande Galatro e la sua storia. Il maestoso Trittico della Chiesa di san Nicola è un’opera d’arte rinascimentale nella quale si può scoprire tutto un “universo” che porta scolpito addosso: un capolavoro di marmo che è la testimonianza più eloquente del connubio tra fede e arte nella storia di Galatro. Nel 1911 i funzionari della Soprintendenza di Napoli lo hanno attribuito ad Antonello Gagini ma, ancora oggi, non si hanno notizie certe sulla reale paternità, e anche se non si ha la certezza che sia opera del Gagini, possiamo dire lo stesso che è una splendida opera d’arte formata da tre statue stupende di pregevole valore. A guardarlo attentamente si può scorgere la ricchezza artistica e architettonica che la grandiosità dell’altare “cela e dischiude”: la bellezza del Trittico testimonia la forza e la vitalità impareggiabile di una comunità colta che è stata sempre aperta alla cultura e all’arte in tutte le sue manifestazioni.

Galatro è anche il paese della “Diga sul Metramo” un’opera, tanto impegnativa per le soluzioni tecniche e metodologiche adottate, alcune delle quali applicate, per la prima volta in Italia nelle strutture di dighe in materiali sciolti. Il tema della creazione di un serbatoio sul fiume Metramo, ha formato oggetto di studi, da parte della Cassa per il Mezzogiorno e del Consorzio di Bonifica della Piana di Rosarno, risalenti a molti anni addietro: gli studi ebbero a concretizzarsi con la presentazione, nell’ottobre 1962, di un progetto di massima concepito essenzialmente per poter derivare l’acqua a scopo irriguo durante la stagione estiva, invasando i serbatoi durante il periodo invernale. Dopo approfonditi studi, portati avanti con competenza e tenacia dai tecnici della Cassa per il Mezzogiorno, si è pervenuti, nel 1981, alla fase di realizzazione dello schema idrico avviando, la costruzione della diga sul fiume Metramo… Non vi è dubbio quindi che quest’opera, che consentirà l’utilizzazione di tanti milioni di metri cubi d’acqua, rendendo irrigue vaste zone di territorio, anche se ancora oggi non è nel pieno della sua utilizzazione, rappresenta uno dei punti basilari del processo di evoluzione del comprensorio della Piana di Gioia Tauro.

Quando si parla di Galatro il pensiero va, inevitabilmente all’acqua, ad un territorio ricco di acque: nel corso degli anni l’alveo del Metramo, ma anche il fiume Fermano, sono andati ricoprendosi di una lussureggiante vegetazione fino a costituirne, nella loro forma attuale, un ambiente di incomparabile bellezza e suggestione, dove l’acqua diventa elemento dominante, sia visivamente che concettualmente. L’acqua si concede liberamente e volendo si può andare alla “scoperta” del grande Metramo o delle “gole del Fermano”, facendoci trasportare in uno scenario che ha del fantastico: una mescolanza di verde, dato dalla natura rigogliosa, dove scorre il fiume rispecchiando il cielo terso; mentre il ritmo dell’acqua ci immerge in una tranquillità che pervade, facendoci scoprire degli angoli di incantevole bellezza.

Terme, monaci, boschi, diga, acqua, montagne, fiumi: Galatro vanta un patrimonio artistico e naturale che molti invidiano; ma a muoverci a parlare non è solo la preoccupazione un po’ “campanilistica” di far conoscere le “cose di casa nostra”, quanto il pensiero di riuscire a far trasparire l’enorme ricchezza insita nella nostra terra, un angolo ancora incontaminato dove, in mezzo a richiami naturali di grande bellezza, esistono ancora dei posti dove è possibile riscoprire il fascino di un felice impatto con le più genuine espressioni della natura.

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