NATALE… LA LUCE OLTRE LA COLTRE DI NEBBIA!
Nel dopoguerra mai il nostro Paese è sembrato a pezzi come in questo tempo di crisi: non solo sembra essersi abbattuto su di noi un disastro morale e materiale, ma pare che non si veda con chiarezza una via d’uscita. Al di là dell’accusata inefficienza dello Stato, a trovare la strada giusta per fare uscire il Paese da questo, ormai lungo e deleterio, periodo di grave difficoltà sta una grande incapacità di unità del popolo italiano, una unità che sappia far fronte a quanto succede, così che anche l’indignazione e l’impeto generoso rischiano di creare, e spesso di fatto creano, più disordine che ordine, più confusione che soluzione.
Sembra che la speranza abbia raggiunto, in questi mesi, il massimo del suo impoverimento e leggendo i giornali, guardando la televisione, sentendo i discorsi della gente si intuisce come un calare di una tenebra sulla speranza degli uomini. Una tenebra che in questo Natale del Signore dell’anno 2016, ci riempie il cuore di tristezza e di paura: abituati come siamo a guardarci nel fascino un po’ volgare del nostro benessere, in questo terribile modo di distrarci e di dimenticare, abbiamo trascurato il gusto della vita, non sappiamo più quali sono le cose “vere”, quelle che rendono la vita degna di essere vissuta.
“Non chiudiamoci nel nostro Natale” recitava un serioso manifesto che ho visto sui muri di Roma qualche anno addietro. Come se il problema è solo di un giorno o due all’anno e la qualità degli altri giorni non interessa, dimenticando che non si può “fingere” solo per un giorno di essere buoni, perché gli slanci del sentimento durano solo “lo spazio di un mattino”. Nessuna meraviglia, dunque, se passate le feste, ci si dilegua nel facile anonimato dei paesi e delle città. Che cosa maledettamente complicata, la fede cristiana, penseranno in tanti. E che strana gente hanno incontrato… sembra gente “auto-occupata” in attività e discorsi che non hanno nessi reali con la vita normale. “Professionisti dell’entusiasmo” (cioè, come annotava Pavese nel suo diario: “la più nauseante delle insincerità”). Difficile dargli torto. D’altronde è la medesima impressione che ha manifestato, tempo addietro, l’allora cardinale Ratzinger: “E’ diffusa oggi qua e là, anche in ambienti ecclesiastici elevati, l’idea che una persona sia tanto più cristiana quanto più impegnata in attività ecclesiali. Si spinge ad una specie di terapia ecclesiastica del darsi da fare. A ciascuno si cerca di assegnare un comitato, o in ogni caso, almeno un qualche impegno all’interno della Chiesa. In qualche modo così si pensa, ci deve sempre essere un’attività ecclesiale, si deve parlare della Chiesa o si deve fare qualcosa per essa o in essa… E’ un pò una perversione dei fattori umani e crea quell’autoccupazione della Chiesa con se stessa, che non è più disponibile alla testimonianza“.
In questo Natale, del quale si può ben dire, con le antiche parole, oggi più tragicamente vere: “venne tra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”, quel povero Bambino viene ancora una volta nei nostri paesi, nelle nostre case, nella nostra “miseria” per trovare chi Lo vuole accogliere come annuncio di salvezza che accende, ancora una volta, sulle “tenebre” del mondo la luce della speranza e della pace e, come dice il Papa: “Maria ci aiuti a vedere che c’è una luce al di là della coltre di nebbia che sembra avvolgere la realtà”.
Nonostante la paura della crisi e la coltre di oscurità che sembra non ci voglia dare alcuna via d’uscita, raccolti attorno al Presepio, anche a noi giunge la voce incoraggiante del profeta Isaia: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse”. Accogliamo, allora, con certezza quella Nascita accaduta più di duemila anni fa, che non smette mai, soprattutto in questi giorni di nebbia, di accadere. E riaccade anche oggi, nella piena crisi dell’anno 2016, nell’esortazione alla speranza di Leone Magno: “Il nostro Salvatore, carissimi, oggi è nato: rallegriamoci! Non c’è spazio per la tristezza nel giorno in cui nasce la vita… Nessuno è escluso da questa felicità… Esulti il santo perché si avvicina al premio; gioisca il peccatore perché gli è offerto il perdono; riprenda coraggio il pagano perché è chiamato alla vita“.
Fu tutto più semplice, anche per quei poveri pastori della Palestina. Nessuno gli chiese di essere più buoni. Di impegnarsi di più. Di ripetere discorsi. Si imbatterono, mentre erano dediti alla loro normale occupazione, in una presenza straordinaria, ma umanissima: una ragazza aveva dato alla luce un Bambino. C’era solo da andare a vedere. Tutti quanti… nessuno escluso!