NICHOLAS GREEN: NELLA DONAZIONE DEGLI ORGANI, OLTRE IL DOLORE E LA RABBIA PER L’ASSASSINIO, VINCE L’AMORE

nicholas%20greenStasera nella Sala Convegni del Comune di Galatro, durante l’incontro “Una scelta in Comune”, sul tema della donazione degli organi, mi è venuto in mente il caso della Famiglia Green: Nicholas Green (San Francisco, 9 settembre 1987 – Messina, 1º ottobre 1994) è stato un bambino statunitense, vittima a sette anni di un assassinio sull’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria nei pressi dell’uscita di Serre (vicino a Vibo Valentia) mentre era diretto in Sicilia con i genitori Reginald e Margaret e la sorellina Eleanor, di 4 anni. L’automobile su cui viaggiava insieme ai genitori il 29 settembre 1994, una Autobianchi Y10, fu accidentalmente scambiata per quella di un gioielliere da alcuni rapinatori che tentarono un furto, degenerato poi in omicidio. Ricoverato al centro neurochirurgico del Policlinico di Messina, Nicholas morì qualche giorno dopo. Alla sua morte, i genitori autorizzarono il prelievo e la donazione degli organi: ne beneficiarono sette italiani, di cui quattro adolescenti e un adulto, mentre altri due riceventi riacquistarono la vista grazie al trapianto delle cornee. L’evento fece molto scalpore perché all’epoca la donazione degli organi non era una prassi comune in Italia, e questo gesto contribuì a far aumentare gli episodi di donazione d’organi in tutto il Paese. I genitori di Nicholas, in seguito alla tragica perdita del figlio, sono diventati attivi sostenitori della donazione di organi, promuovendo numerose iniziative in tal senso. Ricordo che sulla vicenda dei Green ho scritto due articoli, che proprio in occasione dell’incontro di stasera a Galatro, mi piace ricordare.

NICHOLAS GREEN… OLTRE IL DOLORE E LA RABBIA

green3Sull’agghiacciante assassinio di Nicholas Green, il bambino californiano ucciso durante un tentativo di rapina, mentre con la famiglia stava percorrendo in automobile un tratto della Salerno-Reggio Calabria, è stato scritto e detto tutto… resta poco, o niente, da aggiungere… Ma qualcosa voglio pur scrivere, in questa mia rubrica, fors’anche perché colpito dalle reazioni suscitate, nel nostro Paese, dalla decisione dei genitori, di reagire al male ricevuto donando gli organi del figlio: ho seguito, con stupore e commozione, il loro racconto davanti alla Platea del Parioli, durante il Maurizio Costanzo Show.

Non ci sono state lacrime negli occhi di Reginald e Margareth Green, neanche quando hanno raccontato: “Nostra figlia non ha ancora capito che Nicholas le mancherà… quando sarà grande le diremo che un pò di Nicholas vive ancora in Italia, in altri ragazzi come lui”. Un dolore composto, tutto interiore, scavato in fondo all’anima, quello dei Green ma… mi dispiace doverlo dire, quella posizione così troppo composta, davanti alla morte del loro figlio, ancora è lontana dal nostro modo di concepire la morte… la morte di un figlio soprattutto! Forse certe verità sono amare… ma a poco serve velarle. E la verità, dal mio punto di vista, è questa: che la reazione del nostro Paese al tragico fatto accaduto alla famiglia Green, è stata così grande, perché ancora più grande è la distanza tra la posizione manifestata dai genitori di Nicholas e la nostra.

green6Questa posizione dei Green, su come hanno reagito alla morte del figlio, senza mai pronunciare un giudizio ispirato dal rancore, neanche nei confronti degli assassini (da tanti trovato legittimo), e nonostante tutto, desiderando che qualcosa del figlio continuasse a vivere in Italia… Questa posizione dicevo si è rivelata sorprendentemente provocatoria per noi: essa, infatti, è venuta da un orizzonte culturale che non è il nostro, si è espressa con un linguaggio e con dei gesti che non sono i nostri, e propone una posizione umana, nei confronti della vita e della morte, che, per quanto ci sforziamo, non è la nostra. Per questo ha rappresentato una durissima provocazione per la stragrande maggioranza degli italiani. E quando dico “nostra” intendo riferirmi, in modo particolare, a tutto ciò che, generalmente, viene indicato sotto la sigla di “pensiero meridionale”: a tutti quei valori e difetti, presenti nella nostra umanità, che hanno determinato, nei secoli, in modo rigido, le dinamiche su cui appunto, sono stati modellati i nostri gesti, il nostro linguaggio, il lavoro e, non ultimo, il nostro modo di concepire la vita e la morte, con tutti i riti connessi anche alle “forme” del lutto, in cui lo sgomento e la paura, unite allo sdegno e all’esecrazione, rappresentano lo stato d’animo “normale” della nostra gente, davanti a tragedie come quella dei Green.

green-1Ha scritto Enzo Biagi sul Corriere: “Gentile Signor Green, so poco di lei: quello che ho letto sui giornali. L’ho vista in qualche rapida immagine in televisione: e mi è parso un americano come tanti. Di quelli che compaiono nei film: che al mattino, mentre fanno colazione, leggono il giornale, quando vanno soldati sognano la torta di mele della mamma, la domenica cantano in chiesa, si mettono una mano sul petto ascoltando la banda che suona l’inno nazionale. A noi, che ormai non abbiamo quasi fede in niente, sembrate figure un pò enfatiche: e ogni tanto invece scopriamo che il vostro costume, la vostra educazione non sono retorici e che davvero credete nei sentimenti. Qualcuno ha scritto che niente ci rende grandi come un grande dolore: e lei lo ha dimostrato“.

Certo c’è molto da imparare dai Green… se ad ogni Nicholas, ad ogni vita che viene spenta in modo così barbaro e crudele, riusciamo ad aprire gli occhi e fare scoperte di una umanità sorprendente ed affascinante, se è vero tutto questo, allora ha ragione Gabriele Canè quando afferma sul Tempo, che “il gesto dei genitori di Nicholas non può restare senza risposta. E chi ha scelto l’amore al di là del dolore e della rabbia, può avere in cambio un cosa sola: la giustizia”.

REGINALD GREEN… UN’ALTRA LEZIONE

greenLa sfortunata vicenda che ha visto coinvolta la famiglia Green nel settembre del 1994, è ritornata prepotentemente alla ribalta in questi giorni. La storia è, purtroppo, tristemente nota: durante un tentativo di rapina, mentre Reginald Green, con tutta la sua famiglia, stava percorrendo in automobile un tratto dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria, all’altezza degli svicoli di Vibo Valentia e Mileto, una pallottola ha ferito mortalmente il piccolo Nicholas Green. Nel sottolineare i delicati risvolti che si sono aperti con quel drammatico episodio, già da allora in questa rubrica, avevo voluto evidenziare l’atteggiamento dei genitori di Nicholas, sottolineando come quella posizione, così troppo composta per dei genitori davanti alla morte del loro figlio, era ancora lontana dal nostro modo di concepire la vita e la morte: cioè la meraviglia davanti ad una posizione umana che li ha portati a non pronunciare nessun giudizio ispirato dal rancore, neanche nei confronti degli assassini del loro figlio, anzi si sono preoccupati solo che qualcosa del figlio continuasse a vivere ancora, anche se attraverso altre persone.

green2Ho scritto del loro dolore con stupore e meraviglia: un dolore composto, tutto interiore e scavato nel più intimo dell’animo, quello dei Green, che ha rappresentato una durissima provocazione, per me come per la maggioranza degli italiani. Scrivevo anche che c’è stato molto da imparare dai Green, a cominciare dalla scoperta di una umanità sorprendente ed affascinante vista attraverso il perdono, il ribadito amore per l’Italia, la decisione di trasformare la morte di Nicholas nella vita di tanti italiani in attesa di un organo per il trapianto.

Ci potevano maledire i Green (e tanti ne argomentavano la legittimità), invece hanno parlato, in nome del figlio morto, di perdono, vita, fratellanza, solidarietà, sempre argomenti al di là della violenza e dell’odio. Ora il discorso riprende con la lezione impartita da Reginald Green con l’abbraccio ai parenti degli imputati assolti al processo. Tutti i giornali hanno riportato la foto di Reginald Green mentre abbracciava la madre di Mesiano, uno dei due imputati nel processo per l’omicidio di Nicholas Green. La Corte di Assise di Catanzaro non ha ritenuto ci fossero gli elementi per condannare i presunti colpevoli dell’omicidio di Nicholas.

E Reginald Green, presente in aula che fa? Si dice deluso, impreca, protesta con i giornalisti secondo un rituale consueto al nostro modo di concepire la giustizia? Neanche per sogno. Reginald Green abbraccia i parenti di un imputato assolto, apprezza la conduzione del processo, accetta il verdetto, si complimenta con gli inquirenti, si dice fiducioso per il futuro in altre indagini a altri procgreeultessi anche se, aggiunge, non sarà facile trovare i veri colpevoli. Vale la pena riportare alcuni stralci di un’intervista rilasciata dal Signor Green a Famiglia Cristiana: “Appena finita la lettura della sentenza, Mesiano è venuto a dirmi: ‘Non sono stato io, mi crede?’. Gli ho stretto la mano. Sua madre stava da una parte, non osava avvicinarsi… Ho visto quella piccola donna vestita di nero soffocata dalle lacrime e il mio cuore è corso da lei perché so cosa significa il dolore per un figlio… Non posso esprimermi sulle indagini, di cui non so nulla, però posso dire che il processo è stato esemplare. E’ stato un processo esemplare per il comportamento di giudici, avvocati, giuria, sempre tutti attenti, concentrati anche nelle udienze che duravano dalle 10 di mattina alle 8 di sera. Non è andata persa una parola. Mi ha colpito soprattutto la razionalità del dibattimento. In un senso che definirei di clinica freddezza. Dal pubblico ministero Maurizio Salustro agli avvocati della difesa, nessuno ha fatto appello alla retorica emozionale, alla passionalità dei sentimenti. Dopo la sentenza, il dottor Salustro ha detto: ‘Questa assoluzione non è per me una sconfitta, così come una condanna non sarebbe stata per me una vittoria’. Ecco, la razionalità è il primo elemento della giustizia, da quando gli uomini hanno rinunciato a vendicarsi da soli e hanno inventato i Tribunali… Io e Maggie non smetteremo mai di soffrire nel ricordo di nostro figlio, ma non sarà l’eventuale punizione dei colpevoli a consolarci. Ci consola la solidarietà tra gli esseri umani nata dal suo sacrificio. Quando sono riuscito a telefonare a mia moglie, lei aveva già visto alla tv americana che avevo stretto la mano a Mesiano e abbracciato sua madre. Mi ha detto: ‘Sono orgogliosa di te e lo sarebbe anche Nicholas'”.

green5Questa testimonianza ci riapre gli occhi verso una umanità sempre più sorprendente ed affascinante, proprio perché nata in un grande dolore per una vergognosa nostra pagina di cronaca. Da tanta serena e lucida consapevolezza di ciò che è giusto fare e dire, da parte della famiglia Green si è aggiunta un’altra grande lezione di civiltà. In silenzio, senza sprecare inutili parole, impariamo la lezione… Anche se in silenzio, forse con gli occhi bassi, non possiamo onestamente non riconoscere che l’atteggiamento di Reginald Green si appalesa in evidente contrasto con i nostri “normali” stili di vita, di ragionamento, di senso civico e di rispetto delle norme che regolano la nostra comunità… Da un “semplice” abbraccio ne è venuta fuori un’altra grande lezione di civiltà… Grazie Mister Green!

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