PIER PAOLO PASOLINI… OGGI PIU’ ATTUALE DI IERI

QUANDO LE LUCCIOLE ILLUMINANO IL PALAZZO

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

L’altra sera mi è capitato tra le mani un libro di Sciascia, per la precisione “l’affaire Moro“. Ho letto le prime pagine, dove parla di Pasolini… e delle lucciole. Le lucciole… scrive Sciascia che Pasolini voleva processare il Palazzo quasi in nome delle lucciole. Per le lucciole scomparse. In questa mia rubrica ho sempre cercato di guardare e “far emergere” le lucciole… anche se non possiamo non soffermarci, almeno per un attimo, a cosa succede dentro il Palazzo, soprattutto in un momento, come questo, in cui le “crisi” di governo “fanno notizia“, a differenza di tempo addietro, quando gran parte della gente ne restava indifferente, convinta che dopo un governo, così come dopo un papa, se ne fa un altro. Ora, dobbiamo riconoscere che, non sappiamo, e pensiamo che nessuno sappia cosa succederà nei prossimi mesi. Ma una cosa si rende sempre più chiara agli occhi di tutti: che stavolta non c’è scappatoia: o subito, o a breve termine, il gioco degli equivoci deve finire. Purtroppo, come scriveva Montanelli tempo addietro, “l’equivoco è il clima naturale di un Paese, abituato da secoli a ignorare esso stesso da che parte sta, e come ci sta. Se davvero esiste, come vogliono i retori, un ‘genio della stirpe’, è qui che dobbiamo ricercarlo: nell’arte, veramente consumata, di restare sempre a mezz’aria, né carne né pesce, disponibili a tutto ed al contrario di tutto. Non per nulla, nella nostra lingua l’avverbio di più largo consumo è ‘eventualmente’. Tutto ciò che facciamo, lo facciamo con la tacita riserva che, eventualmente, ne potremmo fare un’altra.

Indro Montanelli

Anche i nostri rapporti con Dio sono eventuali. Non ci crediamo. Ma sul letto di morte potremo, eventualmente, chiamare il confessore“. Già… ma alla fin fine le sottigliezze di Montanelli, puntano, partono e si riferiscono sempre al Palazzo. Come al Palazzo si riferisco anche gli interessamenti alla vicenda giudiziaria che sta coinvolgendo Giulio Andreotti. L’immagine che in questo momento i media stanno dando di Andreotti è quella di un “perfetto Cardinale di Curia da Chiesa del Settecento, tutto cipria, parrucca (e forca) senza speranza di Paradiso, né timore d’Inferno ed entrato, per esorcizzarlo, in tale confidenza col Diavolo che aveva finito per esorcizzarlo“. Scriveva sempre Montanelli, più di dieci anni addietro: “Siamo sicuri che Andreotti è molto migliore della sua leggenda, che addita in lui il Grande Vecchio di tutte le più tenebrose e losche affaires dell’ultimo trentennio… Talvolta arrivo a sospettare ch’egli abbia volontariamente accettato questa parte di genio del male, per offrire a una pubblica opinione assetata di dietrologia un bersaglio su cui sfogarsi. In tempo di peste, una strega da bruciare è più preziosa di un vaccino“.

Giulio Andreotti

Giulio Andreotti

Ma, non voglio andare oltre su questo binario, anche se sembra che tutto concorre a farci, un giorno, perfino rimpiangere Andreotti… Ma, torniamo alle lucciole, non facciamoci deviare dal Palazzo. Io ne ho vista una, qualche giorno addietro, su un giornale. Dapprima credetti si trattasse di un abbaglio… Pasolini diceva che erano scomparse, poi invece mi sono ricreduto. E mi è venuto in mente quando Pasolini scriveva che, lui, per una lucciola avrebbe dato l’intera Montedison. Effettivamente, anche la lucciola che ho avuto modo di vedere io è molto preziosa ed importante e la voglio mostrare a voi in tutta la sua fosforescenza smeraldina. E’ una lucciola che ‘illumina’ due genitori di Pesaro… e la loro bambina. Ed è anche la lucciola che ci conferma come le forze che sono capaci di muovere e cambiare la Storia, il più delle volte sono “esterne” al Palazzo, perché sono quelle che riescono, nella loro povertà, a rendere felice il cuore dell’uomo.

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Giuseppe Manara è un pizzaiolo di 32 ani. Vive con una ragazza più giovane, Liana, e ne ha una bambina. Il nome della piccina non si deve dire, perché è la figlia di una coppia che per suo amore ha compiuto sette dilettantesche rapine. Il padre se la stringeva al petto, con le sue mani infarinate, e lei strillava sempre con un rantolo strano. I medici hanno detto: ha un rene guasto. Cure ci sono, ma sono costosissime. Da noi, la mutua passa le sciocchezze, ma, quando la malattia è rara, farsi aiutare è quasi impossibile. il lavoro va male, anzi ci sono i debiti.. Amici che prestino denaro non ne spuntano. Le banche, quando si chiedono soldi per salvare la vita di un neonato, che cosa ipotecano per garanzia? Il biberon? Giuseppe e Liana prendono una pistola rotta, e vanno in giro per banche a volto scoperto. Prendono a prestito denaro, forzando un pò la mano ai signori direttori di filiale. Dicono: O la borsa o la vita. Perdonateci“. La vita non è quella dei bancari e dei loro spettabili clienti, ma della figlia. I carabinieri li beccano subito, questi due scalcagnati rapinatori e meravigliosi genitori. E loro spiattellano tutto: sette rapine, dieci milioni in tutto il malloppo, neanche il tempo di spenderlo in medicine. Non hanno mai fatto paura a nessuno: l’amore per i bambini sa portare a gesti disperati, ma all’odio è impossibile. Per non rischiare di fare del male, impugnavano una rivoltella scassata. Pensavano che se qualcuno li avesse uccisi, poi il mondo si sarebbe accorto della piccola, e l’avrebbe salvata. Al processo il pubblico ministero ha pianto dalla pietà per tanto sfortunato amore. Ha chiesto il minimo della pena. Ha implorato ogni attenuante. Hanno dato 20 mesi a Giuseppe e 14 mesi a Liana, con la sospensione della pena. Qualcuno ora si è mosso a trovare ai due un lavoro a Torino. Qualche soldo per la piccola dal rene malato salterà fuori. Quando da grande saprà che i genitori si fecero rapinatori per lei, come li giudicherà? Non sempre andar contro la legge è contro la legge dell’amore, forse c’è una legge più grande di quella dei codici. Il miracolo è che i magistrati qualche volta se ne accorgono. Ma perché noi prima di quelle rapine, non ci siamo accorti di tanto disperato bisogno? Forse la bambina chiederà, quando, guarita, avrà le trecce e saprà: “Ma gli altri non vi potevano aiutare?”. Risponderanno i genitori: Ci abbiamo provato. Ma come fai a fermare la gente che fila sui marciapiedi, ognuno a rincorrere i suoi guai?”. Magari, la prossima volta, è meglio se li fermate senza usare la pistola…“.

ANCORA PASOLINI… E NON SOLO SUL PALAZZO

Pasolini e Ninetto Davoli

Pasolini e Ninetto Davoli

I lettori vorranno scusare la mia insistenza a scrivere, in questa rubrica, di Pasolini. Ma, proprio sui contenuti del mio ultimo articolo (quello sul Palazzo e sulle lucciole), ho avuto modo di discutere, ed essere cordialmente contestato, da alcuni amici, per cui ritengo opportuna una ulteriore precisazione. Non è una risposta ad alcune perplessità suscitate, bensì un approfondimento di alcuni concetti divenuti ormai usuali. A cominciare dal “Palazzo“, parola ormai esplicativa di tutto uno stato di cose (o meglio della gestione del Potere).

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Vediamo cosa scriveva Pasolini: “Ho l’Espresso in mano, come dicevo. Lo guardo e ne ricevo un’espressione sintetica: ‘Come è diversa da me questa gente che scrive delle stesse cose che interessano a me. Ma dov’è, dove vive?’. E’ un’idea inaspettata, una folgorazione, che mi mette davanti le parole anticipatrici e, credo, chiare: ‘Essa vive nel Palazzo’. Non c’è pagina, riga, parola in tutto l’Espresso (ma probabilmente anche in tutto Panorama, in tutto il Mondo, in tutti i quotidiani e settimanali dove non ci siano pagine dedicate alla cronaca), che non riguardi solo ed esclusivamente ciò che avviene ‘dentro il Palazzo’. Solo ciò che avviene ‘dentro il Palazzo’ pare degno di attenzione e interesse: tutto il resto è minutaglia, brulichio, informità, seconda qualità… E naturalmente, di quanto accade ‘dentro il Palazzo’, ciò che veramente importa è la vita dei più potenti, di coloro che stanno ai vertici. Essere ‘seri’ significa, pare, occuparsi di loro. Dei loro intrighi, delle loro alleanze, delle loro congiure, delle loro fortune; e, infine, anche, del loro modo di interpretare la realtà che sta ‘fuori dal Palazzo’: questa seccante realtà da cui infine tutto dipende, anche se è così poco elegante e, appunto, così poco ‘serio’ occuparsene“. Ecco, in sintesi, nel mio articolo precedente era questa contrapposizione che volevo far emergere: la realtà del Potere, che si muove dentro il Palazzo, con buona parte degli intellettuali che ne sono sempre stati i cortigiani, perché anche loro sono vissuti “dentro” il Palazzo. Ed a questa realtà contrapporre, delle piccole storie apparentemente insignificanti (concedetemi la libertà di chiamarle “lucciole“), che per quanto considerate minutaglia e brulichio, ci permettono di respirare aria buona in mezzo a tutte le pestilenze che giornalmente ci piovono addosso dal “Palazzo“. Ecco, Pasolini in questo è stato profetico. Buona parte dei suoi articoli contro il Palazzo, di fatto erano indirizzati contro Giulio Andreotti ed i potenti democristiani. Eppure, a distanza di più di vent’anni, lo stesso Andreotti, a commento degli strascichi avuti con Pasolini, non ha potuto non ammettere, come in effetti ammette, che “Pasolini aveva ragione“.

Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Aveva ragione, aggiungo io, quando sosteneva che “gli uomini che decidono la politica italiana – e in definitiva la nostra vita – non sanno nulla o fingono di non sapere nulla, di ciò che è radicalmente cambiato nel ‘potere’ che essi servono, praticamente detenendolo e gestendolo“; aveva ragione quando si chiedeva “cos’è più scandaloso: se la provocatoria ostilità dei potenti a restare al potere, o l’apocalittica passività del paese ad accettare la loro stessa fisica presenza (‘… quando il Potere ha osato ogni limite, non lo si può mutare, bisogna accettarlo così com’è’); aveva ancora di più ragione quando scriveva che “uscendo fuori dal Palazzo, si ricade in un nuovo ‘dentro’: cioè dentro il penitenziario del consumismo. I personaggi principali di questo penitenziario sono i giovani… I giovani che sono nati e si sono formati in questo periodo di falso progressismo e falsa tolleranza, stanno pagando questa falsità (il cinismo del nuovo potere che ha tutto distrutto) nel modo più atroce. Eccoli qui, intorno a me, con un’ironia imbecille negli occhi, un’aria stupidamente sazia, un teppismo offensivo e afasico, quando non un dolore e un’apprensività quasi da educande, con cui vivono la reale intolleranza di questi anni di tolleranza…“. Quando Pasolini scriveva queste cose, in Italia ne seguiva una ridda di discussioni e tutti i “maitres a penser” finivano regolarmente per dargli del pazzo, del visionario. In effetti le apparenze sembravano dargli torto. Dov’era, nell’Italia democratica, laica, progressista e moderna di quegli anni, quel “Mostro” che egli intravedeva all’orizzonte, quel “potere che manipola i corpi in modo orribile e che non ha nulla da invidiare alla manipolazione fatta da Hitler, perché li manipola trasformando la coscienza, cioè nel modo peggiore“.

Pier Paolo Pasolini e la Madre

Pier Paolo Pasolini e la Madre

Al massimo per giornali, intellettuali e politici, la parola “potere” evocava i diversi partiti, i bianchi, i rossi, i verdi, i neri. O anche i diversi regimi in quell’Europa e in quel mondo ancora diviso dal Muro, ancora apparentemente diviso tra Est ed Ovest, l’un contro l’altro armati, armati non solo di eserciti ma anche di bandiere, di valori, di ideologie… Ma con chi ce l’aveva Pasolini? Con gli occidentali, con gli orientali, i bianchi, i rossi, i neri o i verdi? Pasolini gridava invece contro un Mostro, ancora anonimo, che abbandonava ormai come ferro vecchio tutte le bandiere del passato (bianche, rosse, nere, verdi o gialle) perché non aveva più bisogno di colori. Forse oggi, a più di vent’anni dalla sua morte, e dopo il crollo clamoroso di tutti quei castelli, di quei mondi, di quelle maschere e ideologie, che avevano dato l’impressione di tanti “poteri” in lotta fra loro, forse oggi che si prefigura “un nuovo ordine mondiale“, quel grido lanciato da Pasolini diventa cronaca quotidiana da prima pagina e diventa anche attualità politica. E ce ne stiamo accorgendo quasi di colpo, con una velocità impressionante: i ragazzi di Praga sono del tutto identici a quelli di Roma, quelli di Varsavia a quelli di Buenos Aires, ecc. Mai il mondo è stato così “ordinato“… e mai i giovani, a ogni latitudine, sono stati così “ugualmente” tristi. Visto così, Pasolini, è di una chiarezza e di una attualità inequivocabile. Questa chiarificazione, per quanto ce ne fosse bisogno, era quello che mancava al mio articolo precedente.

Altre complicate spiegazioni, sarebbero inutili, riduttive, mortificanti…

Pubblicato su Proposte di Nicotera nel Ottobre-Novembre 1995

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