QUANDO PEPPE SGRIZZI CONSEGNAVA I PACCHI DELLA BEFANA… di Umberto Di Stilo
La ricorrenza dell’Epifania, ogni anno, ha il potere di operare degli improvvisi (ma, col passare degli anni, sempre più giustificati) ritorni al passato. In ogni persona adulta è come se una luce si accendesse improvvisamente ed illuminasse volti ed episodi del proprio vissuto. E’ la magìa del ricordo che prende consistenza e fa rivivere – quasi sempre nostalgicamente – pagine di vita che il tempo ha ingiallito e che rischiano di essere completamente cancellate dalla memoria. Quest’anno, con l’approssimarsi della ricorrenza, sullo schermo della memoria ho rivisto le immagini di quando, bambino, aspettavo che arrivasse la notte precedente l’Epifania nutrendo in cuore la segreta speranza di riuscire a vedere quando la simpatica vecchietta, scendendo dal tetto, arrivava fin nella mia stanza per portarmi i suoi doni.
Si vivevano, allora, le ristrettezze dell’immediato dopoguerra e i doni della Befana erano assai modesti. Pur nella loro estrema semplicità quei regalini portavano gioia e felicità in chi li riceveva. Già, perché, non in tutte le famiglie c’era la possibilità di mettere quattro fichi secchi, due caramelle ed un po’ di torrone nella calza che i numerosi figli, fiduciosi, appendevano al loro letto. Io ero uno dei pochi fortunati e gioivo quando, infilando febbrilmente la mano nella calza, tiravo fuori qualche cioccolatino insieme ad un pezzetto di torrone. Ghiottonerie che mio padre si era procurate per tempo e che aveva messo da parte per non mandare deluse le attese dei suoi numerosi figli.
Quanti ragazzi ieri sera, hanno diligentemente appeso la calza al caminetto e stamattina appena svegli sono saltati dal letto spinti dall’incontenibile ansia di scoprire cosa la Befana gli avesse messo dentro? La domanda è sicuramente superflua dal momento che i tempi sono mutati e che si contano sulle dita di una mano i ragazzi che ancora credono alla Befana. Oggi i ragazzi – grazie a Dio – oltre ad avere tutto sono più perspicaci, per cui anche se indirizzano la loro letterina a Babbo Natale o alla vecchia e cara Befana che continua a viaggiare a cavallo di una scopa di saggina portando sulle spalle il sacco dei regali, in sostanza questi li scelgono loro, e con notevole anticipo, esprimendo le loro preferenze ai genitori. Una volta ci contentavamo dei fichi secchi e di una “poglia” di torrone (beato chi la riceveva!). Adesso i ragazzi chiedono l’ultimo modello di ipad o di tablet. Perché, fortunatamente oggi dispongono di tutto. Si, hanno tutto ma non conoscono la poesia dell’attesa. Mancano della parte più bella dell’infanzia: quella caratterizzata dall’incanto della sorpresa conseguente al dono lungamente vagheggiato e finalmente ricevuto. I doni della Befana hanno sempre eccitato la fantasia dei più piccoli e dato estro alla poesia che accompagna l’infanzia, ma non sempre si concretizzavano. Rimanevano nel mondo dei desideri.
Quest’anno, pensando ai tempi passati, mi sono ricordato della “Befana del bimbo povero” che negli anni sessanta e per diversi anni ho organizzato in seno all’Amministrazione comunale della quale facevo parte come assessore alle pubbliche relazioni e alle attività sociali. E’ estremamente antipatico parlare di se stesso. Lo faccio solo perché intendo ricordare ciò che è stato fatto per strappare un sorriso ad alcuni bambini che, diversamente, non avrebbero avuto la possibilità di assaporare la gioia di trascorrere in modo allegro la ricorrenza della Befana. All’epoca la crisi economica, la povertà, caratterizzava negativamente la stragrande maggioranza delle famiglie galatresi. Della Befana i ragazzi sentivano parlare solo a scuola perché nei loro libri di lettura immancabilmente una paginetta era dedicata alla vecchia dal naso adunco e dalla pelle disseminata da ragnatele di rughe, che puntualmente portava i suoi regali ai ragazzi buoni. Solo ai buoni, senza distinzione di casta. E ai poveri? Ai bambini buoni che vivevano all’interno di una famiglia povera non era giusto che qualcuno provvedesse? Non tanto per la consistenza del regalo quanto per testimoniare e sottolineare il valore simbolico del dono. Per testimoniare una gratitudine e per non far pesare sul bambino uno stato sociale di estrema povertà del quale non solo non aveva colpe ma che non era in grado di percepire la causa e la sua reale rilevanza.
Da queste considerazioni nacque in me l’idea della “Befana del bimbo povero” che fu subito approvata ed incoraggiata dal sindaco Bruno Marazzita. Per trovare i regali per i numerosi bambini poveri del paese, chiesi il contributo a moltissime azienda italiana di dolciumi, di giocattoli e di abbigliamento. Anche se i tempi tecnici erano quanto mai limitati, quasi tutte le industrie interpellate risposero all’appello. Ricordo i pacchi-dono arrivati dalla Motta, dalla Alemagna, dalla Sapori, dalla Rivarossi, dalla Perugina e da tantissime altre aziende di importanza nazionale. Il pomeriggio del 5 gennaio l’ufficio del Sindaco per diverse ore è diventato il nostro laboratorio. Abbiamo proceduto alla apertura dei pacchi pervenuti dalle varie aziende ed alla catalogazione dei vari prodotti che ci erano stati omaggiati. Nel frattempo la signora Wanda procedeva alla individuazione dei bambini a cui dovevamo fare il regalo. Erano tanti… tantissimi: figli di madri vedove, di detenuti, di genitori poveri e disoccupati, di genitori ammalati…. Mamma mia, quanta povertà!
A sera i vari pacchetti (muniti dei nomi dei bambini beneficiari) sono stati presi in consegna dal vigile urbano Nino Manduci e dal netturbino Peppe Sgrizzi, perché l’indomani mattina, subito dopo l’alba, li consegnasse ai loro piccoli destinatari. Quell’anno – era il 6 gennaio del 1965, esattamente cinquant’anni addietro – a Galatro la vecchia befana ha abbandonato la scopa di saggina a cavallo della quale ha sempre viaggiato nel cielo e ha circolato per le vie di Galatro a bordo del furgone-Lambretta quotidianamente utilizzato per la raccolta e trasporto della spazzatura. La vecchia ossuta donna dei regali ha abbandonato anche la sua tradizionale sembianza per assumere quella del buon Peppe Sgrizzi che, accompagnato dal vigile Manduci, per conto dell’Amministrazione comunale ha provveduto a portare a casa dei “bimbi poveri” i pacchi-regalo precedentemente confezionati.
Per alcuni anni quell’esperienza umanitaria è continuata; per i bimbi poveri del paese c’è stato lo speciale pacco-dono della Befana e Peppe Sgrizzi, con la consapevolezza e l’esultanza di chi sa di compiere un gesto capace di regalare un sorriso a quanti vivevano nella più nera indigenza, si è sempre offerto di consegnare quei regali, all’alba ed al domicilio dei beneficiari.