TESTIMONIANZE DALL’ARGENTINA DI UN DOVEROSO ELOGIO DELLA NOSTRA ITALIANITA’
Come ogni anno, la prima domenica di ottobre, in occasione della festa di san Francesco di Assisi, patrono d’Italia, la città di Buenos Aires celebra “ITALIA”, una vera festa delle nostre tradizioni che da noi ormai sono scomparse. Per fortuna i nostri concittadini all’estero continuano a conservarle, perché da noi è inutile negare che il tema dell’identità del popolo italiano, è uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni, e anche se questa identità continua a rimanere una specie di mistero, si appalesa sempre di più come “l’autodenigrazione continua“, una sorta di sport nazionale degli italiani: frasi come “è inutile, siamo in Italia” o “cose fatte all’italiana” spesso vengono dette per indicare una cosa fatta male, inefficiente, pressappochista, magari corrotta.
Ho avuto modo di leggere, negli ultimi anni, tanti interventi di mia cugina Pina Lamanna, che dall’Argentina scrive: “L’Italiano nel mondo: un bagaglio di cultura”, al contrario, abbiamo modo di pensare che la civiltà non sarebbe quella che è senza l’apporto degli italiani, un apporto millenario e che continua ancora oggi: “Oltreoceano la sensazione è la stessa, basta soltanto avere nel tuo sangue un po’ d’italiano, già ti senti in familiarità con qualcuno che trovi per strada attraverso il mondo, perché l’italiano è così: è famiglia, è amicizia, è una buona tavola dove si condivide la gioia e anche il pane amaro. La cultura italiana non ha bisogno di presentazione, è la più ricca del mondo Oggi si può godere di un patrimonio artistico insuperabile a cielo aperto… soltanto così si può sentire l’Italia”.
Come negare che le foto e gli interventi che arrivano dall’Argentina si presentano come un buon tonico, come stimolo a recuperare l’orgoglio delle nostre radici, quasi come un invito a cessare una nostra atavica pratica autolesionista, nella certezza che non c’è stato campo in cui gli italiani non sono stati sempre primi, negli ambiti più importanti della cultura e della scienza.
Ho visto le foto della processione della Madonna della Montagna in Argentina: ho notato con quanto orgoglio si portano i segni della nostra religiosità, della nostra cultura e della nostra Patria e della nostra Galatro.
Sono rimasto affascinato nel vedere come la dottoressa Raffaela Cuppari (la prima donna galatrese che si è laureata all’estero, docente alla Facoltà di Economia dell’Università di Buenos Aires, fondatrice e attuale presidente del “Coordinamento Donne Italo-Argentine” a Buenos Aires) orgogliosamente fiera delle sue radici e delle tradizioni della nostra terra, non disdegni di portare, durante la processione della Madonna, i simboli della tradizione galatrese in Argentina, per dirla con le parole di Pina Lamanna “questo ricco bagaglio culturale, tanto caro agli italiani e a tutti coloro che hanno conosciuto l’Italia attraverso le sue manifestazioni”.
La lettura degli articoli che arrivano dall’Argentina mi ha fatto rispolverare un vecchio libro di Rino Cammilleri: “Doveroso elogio degli italiani. Contro il vizio dell’autodenigrazione”, che cerca di spiegare come e perché l’Italia sia passata da “faro culturale”… a oggetto di disprezzo altrui.
Cammilleri individua, brevemente, quale dovrebbe essere il vero punto nodale della nostra identità, e si dilunga nell’elencare i meriti storici degli italiani, anche se il libro inizia con una “amara” riflessione di Giuseppe Prezzolini: “In quasi ogni Italiano c’è un’intensa gelosia verso ogni altro Italiano, sicché preferisce il dominio di qualunque straniero a quello che gli sta accanto, e non considera che con piacere l’incendio della casa del vicino anche se la propria va in fiamme. Lo sforzo fatto dagli Italiani per distruggersi a vicenda, se si potesse parlar di storia in termini di fisica, avrebbe potuto dar all’Italia il dominio del mondo e fosse stato sommato e diretto invece nel senso opposto”.
Noi italiani, come nota Prezzolini, siamo gli unici al mondo a praticare il vizio dell’autodenigrazione, senza mai sostituirlo con la virtù dell’autocritica. Siamo sempre pronti a citare le nostre sconfitte, a sentirci messi in causa quando si parla di evasione fiscale, tangenti, faccendieri, poco o nessun rispetto per le leggi e via di seguito senza pensare che anche gli altri Paesi non godono di miglior salute. Perché, invece, non ricordare che il più famoso e antico Club londinese fu fondato nel 1963 dall’italiano Francesco Bianchi, che le norme assicurative ancor oggi in vigore presso i prestigiosi Lloyds furono redatte a Firenze nel 1523 e che la rinomata “nouvelle cousine” è un’invenzione di Leonardo da Vinci? Che il primo dizionario alfabetico fu compilato dal bergamasco Ambrogio Calepino nel 1502, che siamo stati i primi ad introdurre l’uso della forchetta, che abbiamo inventato bazzecole come il telefono, il barometro, il motore a scoppio, lo sfigmanometro e via elencando?
Che ne è stato di quell’Italia un tempo faro di civiltà e maestra di vita per tutta la cristianità? Tutta colpa di Lutero che, facendo di tutte le erbe un fascio, fece di Roma e dell’Italia, terra di papi e sede della Chiesa cattolica, una Babilonia di demoni, streghe ed esseri diabolici. Occorre dunque recuperare un po’ di amor proprio, di orgoglio per le nostre radici dimostrando che l’Italia non ha nulla da invidiare alle cosiddette “nazioni avanzate”, e indignarci quel tanto che basta di fronte a frasi come “Italiani macaroni”, o peggio ancora “Italiani mafiosi”.
Come si può fare questo…? Tanto per cominciare, nel ringraziare e riflettere sulle testimonianze di “orgogliosa appartenenza” al nostro Bel Paese che ci arrivano dai nostri amici che vivono all’estero… Se incominciamo a prendere coscienza di questo, piano piano, anche i nostri più agguerriti denigratori si renderanno conto che siamo molto migliori di quanto loro pensano… e che l’originalità della tradizione italiana, in tutte le sue forme, nel mondo non ha eguali!